The Dark Reign, Il risveglio delle tenebre

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view post Posted on 15/7/2013, 23:08

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MegaQuest
The Dark Reign






Luglio 2013

Era una serena notte di un’estate tranquilla. La luna e le stelle risplendevano alte nel cielo, come se non potessero essere oscurate da nulla o nessuno.
La maggior parte degli studenti, come ogni anno, era tornata dalle proprie famiglie per le vacanze. Ma come sempre c’erano coloro che avevano preferito trascorrere quei tre mesi di ferie nel ormai rinomato Istituto Cross, sempre aperto per accogliere i suoi studenti, per dare a loro un tetto sotto cui ripararsi, una casa.
Dopo lo scontro contro il purosangue Ciclope e la vittoria della Cross, quest’ultima era ancora più temuta dal Consiglio dei Vampiri e dalla Vampire Hunter, perché sembrava aver acquistato fin troppo potere, sembrava quasi che non dovesse più avere paura di nulla. Ma era del tutto vero?
Per più di un anno tra le mura della scuola era stato custodito un oggetto oscuro, la BlackBox, un’arma le cui potenzialità erano sconosciute ai più. Come aveva fatto questa scatola nera a finire nella Cross Academy?
Durante la missione di Valeriy Lotath (Il canto di Nostra Madre Terra ) che aveva sventato un grave pericolo, l’arma era stata rubata dalla studentessa e cacciatrice, Luce Dany, attratta dal desiderio di analizzare quel bizzarro oggetto.
Ma il contatto prolungato con la BlackBox, unito alla frustrazione e al senso di incapacità provato durante lo scontro contro il Ciclope (La leggenda delle spade dell'unione CapI ), alimentarono in lei solo rabbia ed uno smisurato desiderio di ottenere più potere. Così, i poteri della BB si impossessarono del suo corpo e della sua mente, conducendola verso le tenebre.
Quella fu la notte del suo “risveglio”, la notte che oscurò il cielo per sempre, l’inizio del Dark Reign.



IMPORTANTE!!
Ricordo agli utenti che dopo tre giorni di ingiustificata assenza (si giustifica contattando il master o scrivendolo nel topic "Assenze" nella sezione "Bacheca e Regole") l'utente mancante verrà automaticamente rimosso dalla quest.


Note del narratorePer ora la BlackBox non ha ancora colpito tutti i "cattivi", ma solo Luce. Però potete già descrivere qualche vostro disagio se volete, ma siete ancora normali.
Beh, Buona Quest a tutti! :D


Turni dei Post:
Valeriy Lotath (32.86)LivelloB - Buono
Orphen (31,24) LivelloB - Cattivo
Luce Dany (36,6) Cacciatrice - Cattiva
Kibuki Onizuka (26.8) Cacciatore - Buono
Yuri Togu (32,1) LivelloB - Buona
Hiryu Kurenai (30.9) LivelloB - Cattiva
Saa'ka (25.4) LivelloB - Cattiva
Yami Kori (19,9) LivelloC - Buono
Chiaki Minoru (25,6) Cacciatrice - Cattiva
Zachary Sakurai (25) LivelloB - Cattivo
Lamia Saki Calsifer (21.74) Cacciatrice Cattiva
Miku Hakuchou (2,6) Umana - Buona
Rei Koyama (26) Guardian - Buono
Edvige Ekans (23.6) Guardian - Cattiva
Ottavia Saturn (40.5) LivelloA - Buona
Erik von Weissenwolff (30,9) Prof. LivelloB - Buono
Echo La Notte (27) Prof. LivelloB - Buono
Kaworu Larsen (32.3) Prof. LivelloB - Buono


Edited by Edvige4ever - 29/7/2013, 22:44
 
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LR-Fir
view post Posted on 17/7/2013, 09:29




CITAZIONE
Meraviglioso il bosco di Vallombrosa d'estate. Caldo e umido ma di tanto in tanto una brezza leggera porta via la calura e lascia una splendida sensazione di fresco sulla pelle. Se non fosse in missione per conto del Consiglio potrebbe rimanere a godersi il luogo. La moto che guida stona con tutto, rumorosa e inquinante. Perché la sta usando? Non sarebbe meglio, non sarebbe più bello correre tra quegli alberi, su quelle stradine tortuose che salgono e scendono per le montagne? Sì, ma gli occorrerebbero ore per compiere quel tragitto e lui non ha tempo.
Ecco un monastero, forse può trovare aiuto e risolvere i propri dilemmi, trovare indicazioni e sostare il tempo che basta a schiarirsi le idee. Il portone di legno è pesante da aprire ma non è chiuso. I monaci sono accoglienti verso tutti i viandanti.

Fiamme ovunque, corpi vestiti di saio marrone ti tela spessa giacciono a terra, alcuni morti per asfissia dovuta al fumo, altri corpi carbonizzati sono sparsi lungo il cortile centrale di fronte alla chiesa. Fiamme scarlatte oltre le finestre di questa fanno apparire la facciata come un teschio di qualche bestia infernale...Un luogo meraviglioso trasformato così.
Perché sta piangendo? Non conosce questo luogo ma vedere quei frati morti...è straziante. Persone dedicate alla preghiera e alla benevolenza sterminate così.

CITAZIONE
Nel suo letto, Valeriy si sta riposando dalle fatiche della giornata. Otto ore di lezioni sfinirebbero chiunque. Quando chiude gli occhi si sente estremamente rilassato, che goduria. Non aveva mai fatto caso a quanto fosse comodo quel letto, non sembra nemmeno il suo...beh ma cosa importa? Basta riposare bene. Ha ancora la divisa addosso ma non gli interessa, quel letto è talmente comodo che non potrebbe pensare di rialzarsi e cambiarsi. Il materasso si adatta perfettamente al suo corpo rendendo il riposo splendido. Che sonno...lentamente la coscienza sfuma e lascia il posto ad un caos mutevole di sogni: colorati e cupi, allegri e tristi. Confusi, tanto che probabilmente quando si sveglierà non ne ricorderà neanche un brandello. Una fitta al petto lo sveglia bruscamente e gli occhi sgranati vedono immediatamente l'elsa di un pugnale spuntare dallo sterno, stretto dai muscoli pettorali lacerati. Non è un metallo comune, non gli avrebbe recato molto danno altrimenti, un'arma da cacciatore che lo ha trafitto e sopra questa una figura di donna, immersa in un'ombra nera ed imperscrutabile. Chi è quella donna? Perché gli ha fatto questo? Non ha senso, non ha mai nociuto a nessuno nella scuola tranne forse involontariamente e non in modo serio. Perché? Perché è successo?
La vita scivola sempre più lontana e il corpo diventa freddo. Sono pochi momenti ma sembrano lunghe ore...le dita delle mani, i piedi e poi le braccia e le gambe, perde sensibilità, non le sente più. Odore di cenere riempie l'aria...ancora un momento e sarà tutto finito.

CITAZIONE
Un frate incede verso di lui barcollante, lo conosce bene nonostante l'abbia visto solo per due giorni anni prima. Gli era mancata quella figura rassicurante, un punto di riferimento per lui in quegli ultimi anni. La corrispondenza che aveva intrattenuto con quell'uomo l'aveva illuminato su molti aspetti facendo giungere l'animo di Valeriy ad una personale visione del messaggio biblico ed evangelico. Non è un cristiano provetto, certo non un fedele tradizionale, ma comunque pensa si rispecchiare un buon esempio di cristiano. Quel Dio in cui prima non credeva affatto ha puntato il suo sguardo su di lui, lo ha scelto per una missione che ha compiuto.
Perché barcolla? Valeriy si dirige velocemente verso di lui mentre incede sempre più faticosamente. Lo cinge per le spalle preso dall'affanno giacché un terribile pensiero lo assale. Sta morendo? È ferito? Sta male! Un pugnale spunta dalla sua schiena. Istintivamente lo tocca per afferrarlo e toglierlo dal costato del frate. Ansimi accelerati e dolorosi scuotono il corpo del vecchio. Il pugnale non si muove per niente, anzi solo toccarlo gli fa male alle mani. Rinunciando lascia appoggiare il frate al suo corpo e lo osserva in volto. La smorfia di dolore è evidente ma lui pare non voler cedere alla morte che si avvicina a grandi passi. La spada...prendi la spada. dice prima di morire...proprio quando gli occhi di Valeriy si riempiono di un immagine terrificante: un corpo scheletrico, consumato ed urlante attorniato da un caos turbinante di terriccio, rocce, frammenti di legno. Filamenti neri di tenebra lo incatenano al suolo succhiandogli la vita fuori dalle ossa. Riconosce questo vampiro, caduto preda della maledizione che ha sconfitto con la Spada di San Gualberto.

Si risolleva dalla dura superficie della pietra, il muro del camminamento sulla torre della Cross non è esattamente il luogo più comodo dove dormire. Mi sono addormentato... il cielo scuro gli fa capire che è rimasto lassù troppo tempo e, cascasse il mondo, non si ricorda nemmeno perché è salito lassù. Il suo viso è umido ma non di sudore, le gocce salate scendono dai suoi occhi.
Perché ho sognato queste cose? domanda dalla difficile risposta. Tutto quello che sa è che la sensazione predominante nel suo animo è che qualcosa di terribile sta per accadere.
 
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view post Posted on 18/7/2013, 10:40
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Demonio di uno stregone oscuro

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CITAZIONE
Narrazione
Parlato
Pensato
- Narrazione/parlato attraverso i sogni -

Orphen



CITAZIONE
Il solito sogno ricorrente, anche in quella apparente calda e tranquilla giornata estiva, si ripresentò puntualmente alla mente dormiente del giovane Classe B. A differenza degli esseri umani che erano attivi con la luce del Sole e a riposare durante le ore notturne, i vampiri facevano l'esatto opposto. Orphen si trovava quindi nel bel mezzo del suo sogno.

- Passi... lenti passi... passi che si succedevano l'uno dopo l'altro. Un'immagine sfocata di stivaletti scuri che picchiettavano con un suono secco su un duro pavimento di marmo grigio. Ad intervalli regolari, si notava anche la presenza dello sventolio di qualcosa di rosso, probabilmente un lungo impermeabile. Ad un certo punto, la camminata regolare di quella persona si arrestò.
La visione da dietro di quell'individuo misterioso prese a salire con studiata flemma. Pantaloni scuri con fibbie, non intralciavano i movimenti. Alla cintura erano legate due custodie per pistole. Armi uguali e dissimili fra loro. Pistole per essere precisi, ma di modello e colore differenti. Una era bianca e l'altra nera. Quasi a voler simboleggiare la luce e le tenebre.
L'immagine si rifiutava di salire ancora, quasi temendo di far scoprire l'identità di quel soggetto. Forse non era ancora giunto il tempo per metterlo sotto i riflettori. Eppure, anche da quei pochi indizi, non pochi sarebbero stati in grado di dargli un nome, specie coloro che avevano avuto la sfortuna di incontrarlo personalmente e fossero riusciti a restare in vita.
Si, perché quella creatura non era un uomo, ma un vampiro. La sua aura era spaventosa e potente. Quella di un purosangue, su questo non vi erano dubbi. Eppure, anche tra quegli esseri, nessuno sembrava reggerne il confronto. Anche se questa visione era il frutto di un sogno ricorrente, tutto sembrava assumere connotati fin troppo reali. I passi... ripresero ad avanzare senza una meta.
Vi fu però una sostanziale differenza. Per un momento appena, in questa occasione, gli occhi dell'immortale vennero svelati. Erano scarlatti come il sangue e le pupille erano strette e verticali come quelli di un felino. Degli occhialetti arancioni, smorzavano quella vista in primissimo piano, ma non potevano attutire il senso di oppressione e di terrore che avvolse l'unico spettatore di quell'immagine.

Cercami Orphen... cercami... e diventa più forte...

Perfino parole vennero pronunciate da quel potente purosangue senza nome. Quanto avrebbe desiderato dargli una identità per semplificare la sua ricerca, la quale non aveva prodotto alcun risultato fino a quel momento. Il sogno terminò bruscamente, proprio quando sembrava che quel potente vampiro si stesse decidendo a dargli qualche informazione utile sul suo conto. -

Questo accadeva esattamente un anno fa. Per Orphen le cose non erano cambiate più di tanto. Non aveva legato con nessun altro della scuola a causa del suo carattere altezzoso e introverso. Nonostante ciò, egli aveva in un certo senso "adottato" una vampira selvaggia di nome Sa'aka.
La fanciulla dalla carnagione scura era stata casualmente incontrata nell'antica foresta del Monte Pires (*) e, dopo mesi di meticolosa "preparazione", aveva fatto il suo ingresso ufficiale nella Cross. Il manipolatore della sabbia grigia adesso aveva una preziosa alleata.
Sarebbe stato molto più facile aumentare la propria potenza vampirica, una delle condizioni necessarie per tenere a freno la profonda oscurità presente nel suo animo. Quella bestia composta da "puro odio" che ruggiva e si dimenava per uscire allo scoperto, anelando alla distruzione di ogni cosa e persona senza fare alcuna distinzione di sorta.
Sul fronte delle informazioni, Orphen non aveva fatto progressi. Sembrava di scontrarsi con un muro di omertà impossibile da perforare. Non aveva idea di chi diavolo fosse quel misterioso purosangue che infestava di continuo i suoi sogni, ma l'energia residua del precedente capo dormitorio della Night Class, dimorava ancora oggi all'interno dell'istituto Cross.
Durante una delle sue abituali passeggiate notturne, il giovane dalla bandana rossa legata in testa incontrò una bella vampira di nome Hiryu alle pendici di un vulcano (*). Finalmente, dopo una dura contrattazione, Orphen ottenne una decisa svolta alle sue indagini. Aveva scoperto il nome di quella persona.

- Alucard... il più potente e temuto dei purosangue mai esistiti sulla faccia del pianeta. Ex capo dormitorio della Night Class, ora disperso in qualche luogo remoto per portare avanti la sua personale battaglia. Che cosa ti aspetti da me? Come entri nei miei sogni? Sono solo un anonimo Classe B, cosa mi rende diverso dagli altri? Mi stai forse mettendo alla prova per una qualche ragione?

Orphen era seduto su di una normale sedia di legno scura, mentre il purosangue occupava un altro posto sito direttamente di fronte a lui. Si squadravano reciprocamente. Vi era una certa tensione nell'aria, specie da parte del giovane vampiro, che non era assolutamente nelle condizioni di atteggiarsi in modo sfrontato come di solito faceva con chiunque altro. Erano presenti solo loro due in quell'enorme spazio buio.

Alucard: Capirai molto presto, Orphen. Hai raggiunto il tuo primo importante traguardo, ma non devi fermarti qua... devi acquisire altro potere. Hihihi

Il purosangue mostrava una diabolica risata sul suo volto bianco e senza tempo. Non indossava né lo scarlatto cappello a falda larga né i suoi abituali occhialini arancioni. Il Classe A sembrava trovare divertente i progressi fatti dall'ambiziosa creatura della notte che gli sedeva di fronte. Eppure, si astenne dal rispondere ai suoi quesiti, mantenendolo di proposito sulle spine. -

Il sogno si interruppe così... di punto in bianco. Era stata davvero un'esperienza straordinaria per il ragazzo dai bei tratti orientali. Un evento che non si sarebbe potuto mai realizzare senza l'insperato aiuto di Hiryu. Non era stato dunque un mero frutto del caso quel deciso progresso nel "mondo onirico", ma una cosa "programmata a tavolino" con il raggiungimento dei prerequisiti necessari.
Alucard stava aspettando con impazienza, forse da diversi anni che questo si verificasse. Dopotutto, era un essere immortale, quindi il tempo era un fattore del tutto relativo. Qualcosa era mutato in maniera indelebile nell'animo di Orphen, anche se lui non se ne rendeva ancora conto. Se questo era un cambiamento positivo o negativo, era ancora presto per dirlo. Perfino il suo devastante potere di manipolazione della sabbia grigia, avrebbe acquisito delle anomale modifiche.

...

Orphen si risvegliò dal suo lungo sonno. Aprì gli occhi color nocciola verso il candido soffitto della propria camera. Non aveva una casa a cui tornare per le vacanze estive. La determinazione del vampiro era aumentata, ma percepiva anche che il suo animo era molto più agitato rispetto al solito. La "bestia" voleva scatenarsi a dovere...


Edited by ShinAnslasax - 19/7/2013, 18:45
 
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view post Posted on 19/7/2013, 17:34

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Luce Dany



Nella camera n.1 della Day Class dell’Istituto Cross, la figura di una delle inquiline si muoveva dietro le tende, mostrando il profilo per la forte luce che proveniva dall’interno della camera. Si distinguevano i corti capelli che sfioravano con le punte le spalle, si distingueva un fisico sottile, ma soprattutto le sue movenze. L’ombra si chinò verso qualcosa, probabilmente un baule, ed una volta aperto, una volta che quel profilo scuro estende nuovamente la schiena in posizione verticale, aveva fra le mani una scatola e l’ombra di quest’ultima era più nera della pece.


Non poteva cacciare, non poteva andare liberamente in città e scaricare le munizioni della sua pistola su qualche vampiro, non poteva adoperare la sua spada perché quando aprì il baule delle armi non c’era più, non era più sua; ormai veniva divisa dai due Guardian che, in quel momento, con molte probabilità erano in giro a mantenere l’ordine, e quando sfiorò la vecchia fodera di quella spada una serie di flashback le ricordarono i momenti che avevano trascorso insieme, fino all’ultimo, quando con troppa facilità la cedette in mano a Cloude Bonpasse ma, d’altra parte, se non l’avesse fatto, Ottavia avrebbe saputo escogitare quel piano? Il destino della sua Pure Dark, che infondo non si chiamava così, era solo quello di tornare da due degni padroni come Edvige e Rei.
C’erano tanti ricordi legati a quei due nomi, nonostante si fossero progressivamente persi di vista per i più svariati motivi, ora era sola, in quel momento, nella sua camera n.1 del dormitorio Sole, era sola.
Era stato un altro anno di cupo e anche sull’inizio dell’estate, con il sole che bruciava la pelle e spingeva i giovani a gettarsi nelle acque marine o rifugiarsi sotto un pino...anche allora non vedeva niente di luminoso. Il suo progressivo attaccamento alla Cross l’aveva condotta in quello stato, l’allontanamento di Asuka, della sua migliore amica, il progetto fallimentare dei Secret Warriors che avrebbe voluto approfondire ma...niente, anche contro il Ciclope, seppur avesse impiegato tutte le forze non era riuscita a concludere nulla, il suo apporto a quella missione è stato determinante solo per aver condotto sul campo la Pure Dark ed avrebbe voluto correre per la città, sterminare vampiri, fare ciò per cui era sempre stata brava! Fare ciò che un tempo la lavava da ogni pensiero ma ormai da un po’ era affezionata al suo corpo, alla sua vita, quella vita che doveva ad Asuka, lei che le aveva fatto avere paura della Morte.
In quell’anno la vita scorreva e scorreva anche senza di lei, nuovi vampiri e nuovi cacciatori più capaci sarebbero saltati in scena, proprio come lei fece agli inizi, proprio come lei si sarebbero fatti strada fra le difficoltà della vita, avrebbero preso questa o quell’altra decisione e nuovi vampiri sarebbero tornati a minacciare la scuola e così via, in un ciclo infinito di cui non vedeva la fine. Lei non era utile, la sua presenza o meno era pari a quella di un granello di sabbia in mezzo al deserto, una foglia soffocata dall’enorme chioma verde di un albero: inutile a se stessa ed alla sua scuola.
Una lacrima le sfuggì, ma non si oppose ad essa, non volle fermarla o tentare di farla rimanere al suo posto, in quel momento desiderava che Edvige la vedesse piangere per farsi consolare dalle sue braccia, per sentirsi dire frasi confortanti, per ritrovare l’idea che a qualcuno interessava di lei...chimere; solo chimere volavano in quella stanza e sui tetti dell’Istituto Cross, nient’altro che idee assurde.
Nient’altro.
Nient’altro che...
Il cuore le prese a battere sempre più forte. Alzò lo sguardo e intravide il suo profilo fra le ombre della sera nello specchio che aveva di fianco, che lontano, appeso alla parete dava confini al suo essere Luce e cos’era Luce se nient’altro che l’idea di se stessa? Non era forse un fantoccio? Un essere dalle caratteristiche non umane eppure umane, che tentava goffamente di trovare un posto libero nella grande platea del teatro mondiale?
Ormai neanche la bambina che era la veniva a trovare più, essa sapeva che non c’era bisogno del suo intervento, delle sue parole luciferine, perché Luce stava già precipitando nel baratro e nonostante i piccoli appigli che le avevano consentito di sopportare tutto, continuando più o meno a restare fermi, ormai li ignorava totalmente.
Il suo ultimo fallimento risaliva all’estate scorsa.
Scivolò sul suo letto ed aprendo il cassetto del comodino vi trovò la copia del libro che l’aveva da sempre appassionata: I Demoni di Dostoevskij. Ne accarezzò la copertina ricordando i suoi insegnamenti e così vi aprì una pagina a caso, ma quel caso le fu fatale: «La vita è dolore, la vita è paura e l'uomo è infelice. Ora tutto è dolore e paura. Ora l'uomo ama la vita, perché ama il dolore e la vita. E così hanno fatto. La vita si concede oggi in cambio di dolore e paura, e qui sta l'inganno. Oggi l'uomo non è ancora quell'uomo. Vi sarà l'uomo nuovo, felice, superbo. Colui al quale sarà indifferente vivere o non vivere, quello sarà l'uomo nuovo. Colui che vincerà il dolore e la paura, sarà lui Dio. E quell'altro Dio non ci sarà più»
Parole che l’avevano resa la cacciatrice che era: incurante della morte, incurante del dolore, lei era realmente il simbolo dell’uomo nuovo, lei era qualcosa che poteva elevarsi a Dio!
Lasciò cadere il libro a terra, ma la pagina restò fissa, né la precedente, né la successiva vollero coprire quelle parole che ora ronzavano nella testa della cacciatrice che allo specchio scoprì i suoi occhi rossi, il suo marchio, il suo simbolo.
«Sono stata capace di essere Dio e non ho saputo sfruttare l’occasione. Io, che ho visitato la casa del Diavolo, io che mi ergevo come futuro incursore della Vampire Hunter, anche allora... anche allora i miei polsi erano legati ai fili di chi gestiva quell’organizzazione, perché sapevo che non avevo paura della morte ma avevo dimenticato che, consequenzialmente, ero sulla strada per diventare la più forte cacciatrice del mondo.
La più forte...
Invece mi facevo comandare, invece ho barattato la libertà assoluta con un altro padrone che è questa scuola e quando ho fondato i Secret Warriors ero già troppo debole per poterli comandare... per questo ho fallito, per questo sono ridotta così.»

La BlackBox iniziò a reagire e Luce si inebriò del suo potere, inconsciamente.
«Ma ora so cosa fare: riprendermi ciò che già era mio! Nessun padrone, nessun filo che mi agiti come una marionetta! Io, io e nessun’altro! Nessun’altro dominerà! Nessuno comanderà...! La cacciatrice dagli occhi rossi.»
Un sorriso maligno deturpava il bel viso di Luce, appena ombrato dai capelli celesti che le scendevano al centro della fronte; cominciò a sentirsi meglio, già iniziavano a schiarirsi le idee, già il suo spirito tornava a ribollire come quello del più feroce dei guerrieri e niente, ormai, l’avrebbe ostacolata.

Che il suo regno, il regno oscuro, il DarkReign, sorse dentro una piccola stanza dell’Istituto Cross, restò solo una versione piccola della leggenda che l’avrebbe accompagnata negli anni.
La nascita del regno oscuro non poteva avere natali così squallidi e miserevoli per i più, così ciò che accadde nelle ore notturne, nella camera n.1, rimase solo nella mente di Luce Dany.
 
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Shonen.DÅFunnyMan™
view post Posted on 21/7/2013, 00:10




CITAZIONE
Erano circa le dieci, le belle giornate erano arrivate, finalmente, anche per l'accademia Cross.
Le lezioni erano finite e le vacanze cominciate.. ormai da un pochetto
Dalla stanza numero 3, Kibuki sentiva le voci dei ragazzi che probabilmente uscivano per la città.
La stanza era un casino assoluto, raramente il giovane faceva le pulizie e quando le faceva erano fatte in modo squallido e blando.
Le luci delle diverse stanze erano tutte spente, infatti non c'era molta luce.
L'unica luce che illuminava ogni stanza era quella che entrava da fuori, soprattutto i raggi della luna.
Non si sentivano molti rumori quella sera, solo il molesto rumore di un ventilatore mezzo rotto spezzava il totale silenzio.

Davanti alla finestra che dava al giardino della Day, stava un tavolo e seduto su una sedia Kibuki.
Un bicchiere, una bottiglia da aprire di bourbon e basta.
Qualche volta il ragazzo sospirava ma non emetteva mai altri rumori.
Aprì la bottiglia lanciando giù dalla finestra il tappo di plastica ed iniziò a versare il liquore nel bicchiere.
Beveva..., beveva sempre la sera, da solo.
Lui diceva che era la passione per gli alcolici che lo portavano a bere e rendersi in uno stato pietoso la maggior parte delle volte, ma il vero motivo era che sopprimeva a suon di bicchieri pieni una depressione portata da una crisi che non lo abbandonava mai la notte.
Finiva una bottiglia e subito dopo ne andava ad aprire un'altra.
Lo sguardo del ragazzo era dritto sul cielo che non presentava grandi spettacoli naturali.
In mano aveva già il quarto bicchiere di una seconda bottiglia di bourbon.
La notte era lunga e le bottiglie tante, ma non ci mise molto per scolarsele tutte.
Il liquore era entrato in circolo e aveva offuscato la vista di Kibuki, i suoi movimenti erano più impacciati e lenti.
La testa gli girava e il corpo sembrava pesante.
Tirò la bottiglia di vetro ormai vuota cercando di fare centro nel cestino, lo colpì ma non ci andò dentro, non si ruppe, anzi rimase integra ed iniziò a rotolare indietro fino a tornare ai piedi di Kibuki.
Rimase a sedere sulla sedia, non aveva alcuna voglia di muoversi, il caldo e la sbornia gli impedivano di farlo.
Calciò via la bottiglia con poca forza, poi portò le gambe sopra il tavolo, incrociò i piedi e chiuse gli occhi.
fanculo a questa merda..

Il giorno dopo Kibuki si svegliò in tarda mattinata, le gambe erano indolenzite, il sedere gli faceva male e il collo era rigido. Al contrario delle altre volte, la sbornia non gli era salita prepotentemente, anzi quella giornata provava un leggero benessere, non calcolando i dolori causati dalle sue stravaganti posture.
Cadde dalla sedia appena mosse i piedi e per qualche secondo rimase a terra.
La mano era caduta sopra un giornale di Play Boy, lo afferrò stropicciando qualche pagina ed poi se lo portò vicino agli occhi, iniziò a girare con tutta tranquillità le pagine già viste più di una volta, le donne sulla copertina sembravano sempre più provocanti anche se rimanevano sempre le stesse.
Finito di guardare le donne sulla rivista, la posò a terra e dopo un paio di sbadigli si alzò stiracchiandosi.
Si guardò intorno, era proprio un casino quella stanza.
Chiuse la finestra poiché erano entrate tantissime mosche che svolazzavano indisturbate per la stanza, fatto questo andò a lavarsi i denti.
Si guardò allo specchio, oltre alla sua pettinatura stravagante causata dal modo scomodo in cui aveva dormito, non sembrava avere una bruttissima cera.
Afferrò il pettine ed iniziò a lisciare i capelli che non presentavano alcuni nodi infatti poco dopo pensò che poteva bastare e, ancora un po' rimbambito per il modo in cui si era svegliato, mise il pettine nel contenitore dello spazzolino.
Dopo che i denti furono lavati, che la doccia fu fatta e la conta delle diverse cicatrici terminata, era pronto per uscire dalla sua camera!
Si vestì velocemente, indossò la camicia della divisa, se doveva essere sincero amava lo stile di quella divisa.
Mentre frugava tra i cassetti che erano mezzi vuoti poiché il resto era tutto a terra sparso per la camera, trovò una benda, la benda che in tutte le sue missioni lo aveva accompagnato.
Gliela regalò Amaterasu, suo maestro, e da li venne utilizzata per molte cose.
Con quella fasciò la gamba ad Edvige quando cadde nel bosco, e ne portava ancora il segno di sangue, lo accompagnò a Vallombrosa, a Varsavia ed in India.
Quella benda aveva seguito Kibuki in tutte le sue "avventure".

Dopo un pochetto, la girò cercando di non mostrare la macchia scura del sangue che era rimasta da anni ormai e se la legò sulla fronte, tirandosi indietro i capelli, un ciuffetto comunque gli rimase fuori cadendogli sconclusionatamene sul volto.
Pronto, si avviò verso la porta della stanza deciso a farsi un giretto e riprendersi un po' dalla scomoda dormita, magari avrebbe fatto un pisolino dopo il suo ritorno nella stanza.
Aprì la porta, che la notte prima aveva dimenticato di chiudere a chiave e uscì ripensando a quanto fosse incasinata la sua stanza, e come una persona sola, in quel caso lui stesso, fosse riuscita a ridurla in quello stato, Yami lo avrebbe ucciso se avesse scoperto in che condizioni teneva la stanza!

Edited by Shonen.DÅFunnyMan™ - 21/7/2013, 13:46
 
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view post Posted on 26/7/2013, 12:18
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Yuri Togu
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Zein bussò alla porta dell'attico di Yuri, ora comodamente stesa sul proprio divano e oziando forse per la prima volta dopo tanto tempo. «Vieni», l'invitò lei, inarcando il collo tanto da voltare il capo all'indietro e godersi uno Zein totalmente informale, con t-shirt bianca dalle maniche ben arrotolate e morbidi jeans a sigaretta. Sorrise: «Oh, vestito normale non sei poi così male, sai?» - «Dici che incuto meno timore?», chiese lui portandosi sul divano al fianco della donna, alzandole le gambe fasciate di morbida seta e posandole sulle proprie una volta sedutosi comodo. «No, l'autorità del capo non te la toglie nessuno», commentò lei ridendo fra sé, tornando con occhi ed attenzione puntati sullo schermo. La destra giocherellava dolcemente con il ciondolo regalatole da Rei alla cena consumata un paio di settimane prima con l'umano dalla determinazione pressoché spiazzante. Zein notò la sua distrazione, osservando con attenzione il pendente che mai aveva visto al suo collo e fece una smorfia: «Da quando porti quel pendente al collo?», chiese curioso, distraendo nuovamente Yuri dal programma in tv. Non s'era realmente resa conto del gesto, per questo lasciò cadere il prezioso pendente sulla superficie liscia del petto scoperta dallo scollo a V della camicia che indossava.
Scrollò le spalle: «Umh, un regalo…» - «Ami i gioielli?» - «Amo i gioielli?» -chiese di rimando lei, non potendo non ridere a riguardo - «Non so, dimmelo tu» - abbozzò lui, contagiato a sua volta - «Solitamente cosa regali ad una donna?» - «Ok, ma il modo in cui ci giochi fa' pensare…» - «A cosa?» - «A due cose: o che ti piacciono in generale, o ti piace la persona ed il pensiero che ha avuto per te», disse semplicemente, sorprendendo Yuri d'un tratto. La donna si soffermò su di lui, lo fissò forse per interminabili secondi nel silenzio rotto soltanto dal brusio della tv.
Scherzava? Come poteva aver colpito davvero il punto? Forse entrambi non avevan fatto i conti con la loro conoscenza reciproca: per quanto fossero diversi e possedessero ruoli differenti, avevan vissuto, combattuto insieme imparando a conoscersi a vicenda. Perché stupirsi -quindi- di quell'intuizione?
Dal silenzio Zein capì parecchio, perciò tornò con lo sguardo sulla schermo del televisore sospirando, carezzando la lunghezza dello stinco di lei distrattamente: «Chi? Sai…» - «Oh, andiamo, non cominciare» - «Sul serio, una volta stipulato il patto non puoi, non ti conviene… Potrebbero colpire le persone che ami per vendetta, usarle contro la tua debolezza…» - «Zein… Lo so, non ho problemi di questo genere, quindi sta tranquillo, ok?», l'interruppe, alzandosi con il busto soltanto con l'intento d'allontanarsi. Invano fu il suo tentativo, trattenuta dalle mani di Zein lì, dall'occhio scoperto che -fissandola- le stava trasmettendo la propria preoccupazione in merito.
Yuri trattenne un sospiro, stringendo i denti poggiò la spalla allo schienale, mento compreso mostrando il caschetto ordinato ed il profilo delicato caratteristico del suo viso. Gonfiò le guance, espirò a fondo: «Davvero…» - «Davvero… Mi preoccupo per te» - «E perché dovresti, mi ha addestrata, ora so cavarmela» - «Non è questo», accennò, pronto a far leva sulle gambe sue per averla più vicina, cosa che non successe per colpa dello squillare del cerca persone nella tasca dell'uomo. Yuri abbassò lo sguardo, fissando la tasca da cui proveniva un suono che ben conosceva e -una volta libere- tolse le gambe dalle sue.
Zein infilò la mano in tasca, lo prese e fissò lo schermo nel quale era comparso il numero della stanza dei convegni, spesso usata per riunioni pre-missione.
«Che succede?», chiese la Vampira, consapevole del fatto che quell'allarme non fosse consuetudine, nemmeno previsto. «Non ne ho idea» - ed il cerca persone di Yuri suonò poco dopo in egual modo, attirando l'attenzione di entrambi - «Andiamo».

Il ringhio fu inevitabile: «Che vuol dire "E' stata rubata", ma scherzate?!» - «Asuka non portò a termine la missione da noi affidata se ben ricorda, signorina Togu» - «Oh, perfettamente, ricordo ogni cosa, compreso il fallimento dovuto a due professori della mia ex Accademia e il fatto di non esser stata messa al corrente», specificò acidamente la donna dinnanzi a Mr. Jones, uno dei rappresentanti maggiori del Consiglio, nonché direttore delle varie missioni dei membri del Consiglio quali erano Yuri, Zein e pure Yuriko che -presto- avrebbe raggiunto il luogo della riunione come sempre facendosi attendere un po'.
Zein stava seduta braccia conserte al contrario della posizione china in avanti, aggressiva di Yuri che a fauci scoperte stava rivangando una sconfitta intollerabile.
«Le consiglio di non accanirsi e pensare al problema. Abbiamo riscontrato delle anomalie, onde che provengono dalla Cross, ma non siamo ancora certi di questo. Qualcuno potrebbe…», la porta in quel momento s'aprì e la voce del funzionario smise d'irritare Yuri con l'entrata di un inserviente che era solito portare un drink ai presenti durante le riunioni. «Poggiali pure qui, Thomas», l'intimò l'uomo mentre Zein fissava il giovane Level C con aria sospettosa. Yuri lo notò, per questo prestò attenzione al proprio Master con fare stranito: «Zein… Che…», e scosse il capo, notando come l'uomo non le desse retta e fissasse il giovane Vampiro ancor più intensamente. Egli posò il vassoio con una decina circa di calici sul tavolo circolare al fianco di documenti, resoconti, carte formali che forse lesse o forse fissò assorto in chissà quale pensiero. Un ringhio profondo provenne dalla sua gola, cosa che mise in allerta pure il funzionario: «Thomas, ti senti b-…». Gli occhi del ragazzo divennero improvvisamente rossi, due fari accesi nel cupo volto scarno e ringhiò, pronto ad avanzare, saltare animalesco sul tavolo ed aggredire Yuri, l'apparentemente più debole fra i presenti.
«Yuri, OCCHIO!», ringhiò Zein scattando in piedi, puntando una mano avanti e scaraventando contro il muro alle loro spalle il ragazzino dal volto straziato, tramortito da chissà quale sintomo o morbo. Con la telecinesi lo tenne fermo, quasi fosse un oggetto contro la parete ora solcata da crepe per l'impatto. Yuri espose i propri canini, avanzando e piantando alla gola uno dei fermacarte a portata visiva. Il ragazzo urlò, lamentoso lo fece agitandosi convulso mentre i Vampiri presenti quasi l'accerchiarono curiosi, lievemente scossi.
«Mai visto niente del genere» - commentò Zein, rimanendo fermo al proprio posto mentre Yuri, cauta, s'avvicinava alla figura quasi demoniaca del ragazzo colpito da chissà quale potere o maledizione - 'Forse…' - «Abbiamo un problema qui, e grosso», dedusse lei, respirando a fondo, perforandogli il costato a mani nude prima di potergli strappare il cuore senz'alcun briciolo di pietà.
 
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Yuriko
view post Posted on 27/7/2013, 09:11




Hiryu Kurenai

Sangue.
Inspirò il profumo acre dalle narici, beandosi di quell’odore forte, socchiudendo appena gli occhi, addolcendo la presa, per poi lasciar cadere il corpo a terra senza tanti complimenti, liberando il giovane dalle sue fauci che si erano prepotentemente fatte strada nella sua pelle.
Si sentiva inquieta da un paio di giorni ormai, come se nell’aria ci fosse l’odore della calma prima della tempesta, e altrove, lontano dal consiglio dei vampiri si stessero preparando i protagonisti di uno scenario particolare.
Quella notte l’inquietudine aveva toccato il picco massimo.
Correva per le vie buie della città, facendo svolazzare il vestito azzurro, dal suo aspetto delicato e quasi fragile, sembrava stesse scappando da qualcuno, ma in realtà era lei la cacciatrice che stava inseguendo la sua preda. Un giovanotto di circa diciotto anni che aveva avuto la brutta idea di avvicinarsi alla donna lasciando il suo gruppo di amici.
Adesso stava cercando di scappare, ma, sebbene Hiryu avesse potuto prendere l’altro alla svelta, decise di lasciargli l’illusione di poterle sfuggire.
Perché amava suscitare la paura della sua preda, e sapeva che si manifestava al massimo quando la speranza si tramutava in disperazione. Quindi gli aveva dato quell’illusione, gli aveva fatto credere di essere riuscito a sfuggirle.
Il ragazzo si guardò indietro e non vide più la splendida donna che gli aveva mostrato i canini dopo avergli detto che le sarebbe piaciuto fare un gioco, e rallentò appena, leggendo sui cartelli viari che era quasi arrivato in un posto affollato.
Stava per riprendere a correre quando una mano gelida si strinse sulla sua gola impedendogli di emettere qualsiasi suono trascinandolo dentro l’oscurità di uno dei vicoli bui.
Gli occhi scarlatti lampeggiarono nel buio e Hiryu affondò senza tanti complimenti i canini nel punto tra collo e clavicola del ragazzo, quello che le sembrava più sensuale del collo in una vittima, e intanto continuava a stringere con la mano destra, per impedire all’altro di urlare, beandosi dei suoi singhiozzi che scappavano dalla sua presa ferrea.
Mentre beveva, qualcosa però l’aveva distratta.
Un ronzio. Un ronzio proveniva dalla tasca interna del suo vestito, in cui teneva l’unica cosa che portava sempre con lei più per obbligo che per altro.
Si alzò prima del tempo dalla pelle abbronzata del ragazzo e si guardò intorno, cercando il punto da cui si era sprigionata quella strana oscurità.
Lo lasciò senza tanti complimenti e si asciugò delle gocce di sangue che erano scappate e scese lungo il mento.
Il ragazzo non sapeva che cosa fare.
Fu la vampira a dargli un indizio, facendogli cenno di andarsene. Non aveva avuto sin dall’inizio intenzione di ucciderlo, e anche se non aveva preso chissà quanto sangue, morderlo una seconda volta non le avrebbe procurato lo stesso piacere.
Prese il cercapersone pochi istanti dopo, conscia di quello che significava la chiamata, sicura che sarebbe dovuta scattare verso il Consiglio, ma con zero voglia di mettere in pratica il silenzioso ordine che le era arrivato.
Era infine tornata al Consiglio, nella sua stanza, tremendamente insoddisfatta sul punto di vista nutrizionale ma animata da una strana luce negli occhi.
Qualcosa stava accadendo. E lei vi avrebbe in qualche modo partecipato.
Sentiva quella sensazione da molto tempo. Dal suo incontro con il vampiro della sabbia era passato poco più di un mese, e nonostante le fossero state comunicate informazioni che non parevano per niente attendibili, Hiryu sapeva che erano la pura e semplice verità.
Si spostò verso lo specchio della stanza e osservò il suo riflesso con attenzione.
La carnagione pallida era messa in risalto dagli occhi divenuti ancora più scarlatti per la voglia di sangue, i canini erano appena visibili, contrastando il magenta delle labbra con un bianco perlaceo, che richiamava l’argento nei suoi lunghi capelli, lasciati liberi di scenderle morbidamente sulla schiena.
Si era fatta una doccia, ignorando che il consiglio attendeva la sua presenza per qualcosa di importante, non volendo presentarsi davanti agli altri membri in pessime condizioni, e con il tanfo della città ancora sulla pelle.
Alla fine si era presentata nella stanza, arrivando in contemporanea alla giovane Yuri che affondava le unghie affilate in un giovane vampiro, strappandogli il cuore con un gesto deciso.
CITAZIONE
«Abbiamo un problema qui, e grosso»

Un brivido le passò lungo la schiena, e gli occhi scarlatti lampeggiarono un istante a quello spettacolo.
Splendida. Yuri era semplicemente splendida.
 
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Saa'ka
view post Posted on 30/7/2013, 14:35




Dischiuse gli occhi lentamente, a fatica.
Come sempre, da quando aveva lasciato la sua vera tana, aveva dormito poco e male. Al morbido materasso dell'Accademia avrebbe preferito mille volte la sua roccia fresca e dura, senza contare la presenza di altri individui a condividere il suo stesso spazio vitale: come poteva dormire sonni tranquilli se a pochi centimetri da lei respirava un altro essere di cui non sapeva assolutamente nulla? E come poteva stare serena se, a pochi metri di distanza, vi era un intero branco di umani?
Orphen le aveva promesso libertà, ma quello che aveva ottenuto sembrava piuttosto una trappola: per qualcuno che, come lei, ignorava la gran parte delle consuetudini e delle regole di cui era fatto il mondo civile, quel luogo era decisamente inospitale.
Poggiò una gamba a terra, poi l'altra. Il suolo era troppo liscio e scivoloso, pareva legno ma odorava di qualcos'altro. Come tutto lì dentro, del resto.
Si rimise in piedi e ancora una volta il suo primo gesto fu quello di controllare che nella stanza non vi fosse nessuno oltre a lei.
Si avvicinò guardinga alla grande finestra, scostò le pesanti tende e spalancò gli infissi, respirando a pieni polmoni un po' di aria vera, finalmente. Ma come facevano gli umani e i vampiri di quella scuola a farne a meno?
Trascorrevano più di metà della loro giornata rinchiudendosi volontariamente in posti da cui non era possibile vedere il cielo ed in cui si respirava sempre la stessa aria, passavano di gabbia in gabbia senza che ciò li turbasse minimamente.
Le stelle quella sera erano veramente splendide, si poteva scorgerne parecchie, anche se non quante era abituata a vederne lei...chissà come mai? Aveva sempre immaginato che il cielo fosse lo stesso da qualunque punto lo si guardasse, ma si sbagliava di grosso: il cielo di cui gli umani potevano godere era una cosina misera rispetto a quello che conoscevano gli animali.

Erano trascorsi diversi giorni da quando era stata condotta all'Accademia Cross, la luna stava per completare il suo ciclo e la stagione calda era ormai al suo culmine. Estate, aveva imparato a chiamarla così. Un'altra bizzarra mania, quella di dare a qualsiasi cosa un nome, anche più di uno, ma probabilmente anche nella sua lingua c'era qualcosa del genere. Se c'era, lei non ne era a conoscenza. Saa'ka aveva imparato solo poche, fondamentali, parole di quella lingua che sarebbe morta insieme a lei, e quelle parole avevano tutte a che fare con il risentimento che gli abitanti del villaggio in cui era cresciuta covavano nei suoi confronti.
Chiuse gli occhi ed inspirò ancora. Li riaprì.
Guardava fuori, la vampira selvaggia. Guardava le distese alberate al di fuori dei cancelli, che si estendevano fino alla lontana sagoma del monte da cui proveniva. Ciò che provava, gli umani l'avrebbero forse definita "nostalgia", ma lei non aveva un nome da dare ai propri sentimenti, così questi svanivano e si confondevano gli uni negli altri senza posa, senza riuscire a marchiare momenti e pensieri, senza lasciare la propria impronta nei ricordi.
L'unica emozione in grado di imprimersi nella memoria era infatti, per lei, la paura.
Paura voleva dire evitare di ripiombare nello stesso errore commesso una volta, dunque serbarne il ricordo equivaleva a salvarsi la vita.
La paura era buona. O almeno così era stata convinta fino a quando quel vampiro non era apparso nella sua vita, trasformandola nel giro di pochi giorni in qualcosa di completamente diverso, facendo sorgere in lei l'anelito insopprimibile a far parte di un branco di suoi simili, in nome del quale aveva sacrificato la sua incontrastata e selvatica beatitudine da bon sauvage, e si era piegata a regole che non comprendeva né accettava fino in fondo per la pura voglia di vedere "oltre".
La vista di un gruppo di studenti che passeggiava nell'area sottostante la spinse a rientrare bruscamente e ad appiattirsi al muro della stanza. Ebbe un sobbalzo. Lo specchio posto sull'anta dell'armadio di fronte a lei le aveva rimandato la sua immagine nuda e cruda, e per un momento aveva pensato che vi fosse un intruso. Ogni volta era la stessa storia: prima di allora non aveva mai visto la sua figura per intero, e con una simile chiarezza. Si avvicinò, ne toccò la superficie liscia e fredda. Se fosse stato uno specchio d'acqua sarebbe sparita nelle increspature provocate dal suo tocco, ma ormai sapeva che ciò non sarebbe avvenuto. Non era una persona di carne ed ossa quella racchiusa lì dentro, sebbene l'espressione di quel viso dai capelli arruffati avesse qualcosa di estremamente vivo.
Saa'ka...
Sussurrò, mentre con le dita disegnava sullo specchio i suoi stessi contorni, stupendosi, come fece la prima volta, di quanto il suo corpo fosse complesso. Quella sera però, improvviso come un lampo, balenò nella sua mente un pensiero che mai prima aveva avuto.
Occhi, mani, pelle, gambe... più li studiava e più il concetto di "io" prendeva forma nella sua mente.
Io ho questa faccia, che è solo la mia.
Io ho questo seno, questa pelle scura.
Io ho questi occhi rossi come il sangue.
Io sono queste cose.
Gli altri vedono questo, quando vedono me.
Fu una scoperta devastante.
Come aveva guardato il gruppetto di vampiri di passaggio, così chissà quanti avevano scorto lei in quella forma che a stento riconosceva come sua, e così pure il suo Phén aveva parlato, toccato, afferrato quel corpo... ma due occhi, due mani, due gambe, non erano nulla al confronto delle migliaia di occhi, mani e gambe racchiusi tutti insieme in quell'unico posto.
Scoprì quella sera di essere sola, al cospetto di una moltitudine.
Si strinse le mani al petto, in preda ad un terrore che somigliava ad una vertigine di volti e di voci: sola in mezzo a tutto questo, era vulnerabile come uno di quei lupi senza branco che lei amava cacciare quando ancora non sapeva nulla.
Da cacciatore a preda, ecco cosa ne sarebbe stato di lei se non fosse riuscita al più presto ad entrare in uno di quei branchi, e tuttavia dentro di sé non riusciva a volerlo senza tremare.
In ginocchio sul pavimento, davanti a sé la sua immagine inginocchiata a sua volta, guardò per la prima volta in faccia la paura, e capì che non sempre era una cosa buona.
Per la prima volta in tutta la sua vita ebbe paura, della paura.
 
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view post Posted on 30/7/2013, 22:02

Endymion: Every night i wait for my sweet Selene...

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Lasciò ritornare al suo posto la tenda che poco prima stringeva tra le dita, forzandola di lato, in modo che scoprisse la nuda finestra e che il suo sguardo assente si posasse all'esterno.
Era la tenda estiva, quella blu.
Keitaro si era chiesto se le tende andassero davvero cambiate a seconda della stagione, osservandolo mentre Yami cambiava volto alla stanza, in effetti era una cosa piuttosto insolita e neppure nella stanza nella Day lo faceva.
Il suo ordine e la sua pulizia erano presenti ovunque, ma quella fissazione per i colori o per la disposizione degli oggetti non era così radicata quando coabitava con Kibuki, sarà che con lui si sentiva a casa, a suo agio.
Non si era ancora rassegnato al suo trasferimento nella Night, non che non comprendesse o non accettasse le ovvie ragioni che avevano spinto il preside a farlo, ma il suo cuore, il suo pensiero, si era ancorato dall'altra parte dell'istituto e per quanto tentasse di smuovere le catene, queste si conficcavano ancora di più in profondità, arpionandosi al suolo, al Dormitorio Sole, alla classe Giorno, nella quale aveva le maggiori e più profonde conoscenze.
Persino il giardino, quasi identico che circondava i due edifici, suscitava sensazioni differenti.
In quello della Day inalava libertà, spensieratezza e appropriatezza, quello oscuro che ora fissava oltre il vetro asettico della finestra non faceva che suscitargli angoscia, inadeguatezza e reclusione.
In quella stanza nella quale dimorava ormai da parecchi mesi si sentiva ancora estraneo, come un suppellettile che stona con lo stile dell'intera abitazione, messo lì giusto per non gettarlo via.
Strinse i denti, quei pensieri erano così maniacali.
Una volta lesse che una persona che reca troppa importanza agli accessori nel suo abbigliamento e una casa troppo addobbata e ricca di oggetti hanno una cosa in comune: in entrambe si cerca di distogliere l'attenzione dall'essenzialità della persona o della casa, arricchendola di cose inutili che confondono l'osservatore. Da questo si capisce che talune persone soffrono di insicurezza e bassa stima di sè, per cui l'adornare la camera in quel modo era solo una dimostrazione psicologica del suo disagio.
Afferrò la tenda nel pugno e la strinse, applicando una leggera pressione verso il basso, strinse ancora più forte e premette ancora più forte.
Una veloce visita al primo cassetto del suo comodino, quaderno nella tracolla e sbattè la porta alle spalle.
Nella stanza, la tenda al suolo e i raggi della prima alba che senza alcuna barriera da superare, inondano i pochi metri quadrati.
Si inoltrò nel boschetto adiacente all'accademia, cos'altro poteva fare in un momento simile?
Si accomodò sotto l'ombra della sua quercia preferita e con le cuffie nelle orecchie si accinse a sputacchiare inchiostro dalla sua stilografica su immacolate pagine del suo tesoro di carta.
Non osò pensare cosa avrebbe fatto una volta finito quel quadernino dalla copertina color ghiaccio, non avrebbe accettato di doversene separare e sostituirlo con un altro. Avrebbe voluto scrivere solo ed unicamente su quelle pagine.
Volse lo sguardo verso il sole, reso meno inguardabile dalle fronde dell'albero che quasi gli ricadevano sulla testa e che lasciavano giusto intravedere la palla luminescente, filtrando i suoi fasci come se volessero proteggerlo.
Si rialzò e quindi accarezzò con le dita il tronco dell'imponente vegetale.
Eh già, non sembra proprio estate, vero? Stette in silenzio qualche secondo, poi rise sommessamente Da quant'è che parlo con una pianta?

Nel frattempo il sole annunciava l'entrata in scena della sorella Luna, cedendole il trono lentamente.
Era così crudele, sembrava che ogni volta il sole dovesse morire a causa della sua stima verso la sola fonte luminosa della notte, come se si suicidasse, giorno dopo giorno, solo per assicurarsi che, anche di notte, qualcuno gli desse il cambio, non abbandonando la sua arte luminescente.
Passò tra le dita l'oggetto di metallo affusolato, lo esplorò in tutta la sua lunghezza, ammirandone la linea a tratti secca e rude a tratti dolce e accomodante.
La lasciò riposare ancora sul fondo della sua tasca, non sapeva se aveva davvero intenzione di usarla, ma ormai aveva scelto la sua meta.
Inspirò profondamente quando si ritrovò in mezzo a quel verde e contemplò per qualche istante l'edificio che portava il nome dell'amico che si era appena sacrificato all'orizzonte, seguì il percorso tra i corridoi, ricordandolo a memoria, come se fosse solo ieri che lo faceva ogni giorno.
Sulla porta di legno davanti a sè era inciso il numero 3, lo stesso numero palpabile sull'oggetto che stringeva traendone forza in tasca.
Avrebbe potuto sbloccare la serratura in qualsiasi momento, entrare nella stanza e probabilmente riabbracciare Kibuki dopo tanto tempo. Ma aprendo la porta, non avrebbe anche aperto vecchie ferite?
Perciò preferì starsene in piedi, immobile, nel corridoio, a rimirare la porta che gli avrebbe dato accesso a una parte dei suoi ricordi migliori.
Non riuscendo a resistere posò i polpastrelli delle dita della mano sull'incisione del numero della camera che era rimasto indelebile nella sua mente, ma non appena avvenne il contatto, ritrasse subito le dita, come se fosse rimasto ustionato, quel numero sembrava scottare più di un ferro rovente, sebbene tutto ciò appartenesse solo ad un'illusione.
A scottare, forse, era solo il dolore in fondo al suo cuore.
 
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Chiaki_Minoru
view post Posted on 2/8/2013, 11:24




Cinque passi. Centro.
Sette passi. Centro.
Nove passi. Mancato.
Ha un nuovo coltello, piccolo ma versatile, utile se fosse costretta a combattere corpo a corpo oppure, come fa ora, per neutralizzare un nemico distante. Purtroppo nove passi è troppo per lei. Impatto scadente e traiettoria troppo lunga avrebbero giocato contro di lei in una situazione reale. Peggio ancora avrebbe regalato una possibile arma all'avversario.
Le spade sono nei loro foderi naturalmente, al suo fianco. Non porta la divisa della scuola, nemmeno quella da cacciatrice, si sentirebbe troppo limitata. Essere studentessa alla Cross significa avere doveri che a volte le pesano, guardare vampiri girare liberamente le genera alle volte un senso di repulsione ma sa anche che quel metodo, promosso dal Preside, può essere gusto...può. La divisa da cacciatrice porta con se obblighi allo stesso modo, cacciare è un dovere di per se, per questa ragione non ha voluto vestirsi di quella tuta nera piena di protezioni.
La tua le ricorda anche altro, la sua famiglia. Li ha lasciati per ricominciare una vita da sola, per intraprendere un tentativo mal riuscito di allontanarsi dal dolore dovuto alla morte di suo padre e di Eien e degli altri membri del suo clan per mano di vampiri.

Ipocrita...Chiaki sei un'ipocrita. si dice, la voce nella sua testa ha un tono sprezzante e superbo Il tuo odio qui è prigioniero, l'hai rinchiuso in una cella di pietre, libri, umani ignoranti, vampiri dall'essenza demoniaca che guardano i deboli come prede in attesa di essere spolpate.
Le palpebre scoprono totalmente le iridi dorate marchiando sul suo volto un'espressione incredula. Da dove le arrivano quei pensieri cupi? Ha davvero realizzato nella sua testa cose del genere?
Di corsa va a riprendere il coltello che infila nel suo piccolo fodero legato alla coscia sinistra.
Devo fare qualcosa per non pensare a queste cose. Forse sono solo un po' frustrata e del movimento mi farà bene. convinta di ciò la cacciatrice dagli occhi dorati estrae le spade e inizia ad eseguire varie forme di attacco e difesa contro avversari immaginari combinando anche schivate, capriole e salti. Nella sua testa c'è un vero combattimento contro nemici veri e armati rievocati dai suoi ricordi. Le missioni da cacciatrice si ripropongono una ad una, un vampiro che domina l'acqua, uno che faceva spuntare dalle dita lame d'acciaio, un altro che semplicemente aveva una forza mostruosa. Erano tutti periti sotto il giudizio di Tokoyamimaru e in quella simulazione incontrano nuovamente l'oscura signora che li accoglie a braccia aperte recidendo, per mano di Chiaki, il filo della loro vita immonda.
Inaspettatamente si ritrova a pensare anche agli scontri che non ha vinto...l'assassino di suo padre.
Li aveva trovati casualmente ascoltando di nascosto le conversazioni di due cacciatori. Purtroppo era stata effettuata una spedizione punitiva con gli stessi esiti avuti a casa Minoru. Tutti i combattenti morti e lasciati agli occhi delle famiglie. Il fatto che fosse successo solo un giorno prima e che uno dei due cacciatori avesse visto alcuni vampiri sospettati rifugiarsi in una casa che si credeva fosse abbandonata, aveva infuso l'anima di Chiaki con speranza, rabbia e desiderio di vendetta. Sarebbe stata solo sua, il famoso piatto che va servito freddo.
Aveva trovato il posto facilmente e ricorda perfettamente di aver pensato Un posto banale dove nessuno si sarebbe mai sognato di controllare.. La casa era attorniata da vicoli tranne che su un lato dove la strada principale lambiva il fronte dell'edificio. L'entrata sul retro sembrava la scelta migliore per fare la sua incursione e uccidere l'assassino. Vendetta, pura e semplice.

Non è andata come aveva previsto. Due avversari che le si sono parati davanti hanno avuto la peggio ma lui, il suo obbiettivo, era di un altro livello. Non lo ha neanche toccato mentre lui l'ha semplicemente scaraventata fuori dalla porta contro il muro di cinta di un cortile e l'ha colpita con quella che le è sembrata una nuvola di coltelli affilati. Non sa quale potere sia che ha usato dato che istintivamente ha portato le mani davanti a se e ha chiuso gli occhi. Nei suo ricordi c'è solo il sangue e la sensazione che tutto stesse per sfuggirle, dalla vista ai suoni, dagli odori alla percezione dell'asfalto sotto il suo corpo, persino il sapore del sangue non è così definito come dovrebbe.
L'hanno lasciata stesa a dissanguarsi e, per la prima volta, ha avuto paura di morire...

Ghaaaaaarrr!!! Un giovane albero viene reciso e cade a terra con un tonfo seguito dal fruscio delle foglie verde brillante. Sono tutti capaci di andare avanti, tutti hanno di che essere felici! gli occhi gonfi non vogliono saperne di lasciare scorrere le lacrime Tutti hanno un amico, un amore da seguire, uno scopo! E io invece sono qui, in trappola! Non posso essere davvero una cacciatrice, non posso essere una persona normale! Allora cosa sono?! Perché devo stare qui prigioniera di me stessa, del mio passato, senza la possibilità di fare niente?! urla da sola nel bosco, un punto lontano dagli edifici scolastici ovviamente, mentre miete rami ad ogni frase e senza metodo. A muoverla è semplicemente la frustrazione e la rabbia che ha covato per troppo tempo nel cuore, quell'ombra che da tanto tempo ha portato con se ma è sempre stata sopita, ignorata.
Mentre perpetra il suo sfogo gli animali fuggono sentendo qualcosa di profondamente sbagliato aleggiare sia nell'aria che in Chiaki. Quell'ombra non manifesta che ha già influenzato la sua essenza da più di un anno, con sottigliezza. Un pensiero qua e là, poi un'idea...il tutto diventa una convinzione e il mondo sembra più nero e cattivo, la tranquillità lascia il posto all'instabilità, l'ira e l'insofferenza la fanno da padrona mentre la cacciatrice crede, semplicemente, che sia la vita a metterle davanti qualche ostacolo. In realtà è tutt'altro, ma non può saperlo.

Siete tutti dei falsi, non credete in niente e vi mascherate con quei sorrisi fasulli... questo lo dice in direzione della scuola rimanendo ferma con le spade nelle mani e il petto, coperto da una sorta di costume blu scuro e una camicia nera aperta fino al terzo bottone, ansante.
Inizia il suo cammino sulla via del ritorno, naturalmente senza tenere le spade in vista e nemmeno percorrendo una via battuta. Non c'è nessuno in giro adesso, o forse è solo fortuna non incontrare anima viva.

Passa davanti alla camera di Luce, la numero uno, e si ferma un'istante. Luce è l'unica che le ha trasmesso quella forza che un cacciatore dovrebbe sempre avere, essere incrollabile e micidiale con i nemici, non lasciarsi piegare dalle avversità...l'ammira moltissimo e può darsi che non sia solo questo. Sospirando prosegue verso il proprio alloggio.
Chiaki non può saperlo, ma dietro quella porta vi è un potere oscuro e incredibilmente potente che sta dilagando e questo comincia anche a seguire la cacciatrice con gli occhi d'oro. Una presenza immateriale e malvagia che aleggia come un fantasma oscuro su di lei, attirato dalla sua frustrazione, dalla delusione di se stessa e verso il luogo che ha scelto come casa...presto o tardi quell'oscurità si sarebbe cibata di tutto ciò.

Entrata nella propria stanza posa le armi tutte sul letto e si rinfresca gettandosi dell'acqua sul viso che immancabilmente cola sulla pelle e il pavimento. L'immagine nello specchio non è più quella che si è abituata a vedere, o forse adesso si vede per ciò che è in realtà. Triste e senza scopo, mortificata dai suoi insuccessi, consapevole di essere attorniata dall'ipocrisia.
 
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LuCe-90
view post Posted on 6/8/2013, 12:01




Zachary Sakurai è fuori per giorni d'assenza tocca a Lamia!
 
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Lamia Saki
view post Posted on 6/8/2013, 15:48




Durante la notte si svegliò d'improvviso.
Si era addormentata da appena dieci minuti e già i suoi occhi erano di nuovo spalancati verso il soffitto.
Questo ormai le succedeva da qualche mese a questa parte, precisamente da quando aveva accettato il ruolo di tutrice di quella bestiola che dormiva nel letto accanto al suo in quello stesso momento.
Una mano era già irta sotto il cuscino a impugnare il manico caldo del Double Soul, così come tutti gli altri muscoli del corpo della donna erano in tensione. Purtroppo non riusciva proprio a farci l'abitudine a quella presenza estranea in camera, sapeva perfettamente che era innocente e zni, lei stessa l'aveva salvato e deciso di accettarlo nella sua camera, ma qualcosa più forte di lei, un istinto represso la costringeva a stare sempre in guardia e pronta a difendersi...o ad attaccare.
Quella stanza, che gli ricordava tanto quella della sua clausura nel suo paese, era già soffocante di suo, ora che un nuovo inquilino si era stabilito lì, l'ossigeno era diminuito ancora di più, facendo precipitare Lamia in un perenne stato di insufficienza respiratoria.
La sua mente aleggiava sempre in una coltre scura, una nebbia fitta e impenetrabile, una nebbia che esprimeva tutta la sua frustrazione per essere costretta a rinunciare ad alcune sue aspirazioni o bisogni a causa del bimbo che doveva accudire.
Quell'anno, finite le superiori, si era ripromessa di impegnarsi per diventare forte abbastanza e infiltrarsi come si deve nella Vampire Hunter, per scoprire qualcosa in più sul padre, cercarlo come un segugio e poi vendicarsi, invece aveva dovuto iscriversi all'università, non potendo scaricare il peso dell'adozione solo sulle spalle di Luce. Inoltre anche nei giorni in cui era programmato che si prendesse lei cura di Adam, non poteva fare tardi, nè soddisfare gli impulsi di Saki, quindi socializzare al Cat's Eye o semplicemente fare una battuta di caccia tra le vie buie, incenerendo un pò di spazzatura e inebriandosi del sangue versato delle vittime che cadevano sotto la sua danza della morte.
Il bambino si era rivelato sensibile all'odore di morte che i cacciatori si portavano addosso, e lo riversava in uno stato di tristezza decisamente brutto da vedere, per cui Lamia cercava di diradare le missioni, o almeno di concentrarle tutte nei giorni in cui il piccolo stava con l'altra madre. E questo le creava un forte stress e un sentimento di frustrazione.
Proprio lei, che rifiutava la figura dei genitori si era ritrovata a doverne rivestire improvvisamente il ruolo, proprio lei che si preoccupava di sfatare i miti del matrimonio e dell'unione sessuale, aveva davanti a sè il frutto di un'inseminazione del genere.
Proprio lei che si era rifugiata nel vergine amore verso un'altra donna, proprio lei che si era concessa al vellutato calore di un sentimento affettivo così profondo verso un essere del suo stesso sesso, doveva in qualche modo costituire un reale e saldo punto di riferimento per quell'ometto, che meritava decisamente di ricevere l'ambrosia di una famiglia.
Tutte le altre volte però bastava che si specchiasse nelle iridi chiare e penetranti del piccolo perchè ogni agitazione negativa si dissolvesse nell'animo della cacciatrice, perchè ogni richiamo della Saki sanguinaria sopita in lei svanisse. Così si affrettò a svegliare il piccolo Adam, con molta dolcezza per quanto avesse bisogno disperatamente di un suo sguardo, ma anche dopo averlo guardato nelle pupille, per alcuni secondi, per la prima volta il potere del ragazzo non sortì nessun effetto.
Sentiva come se il sangue delle vene si sostituisse a quello delle arterie, inondando i canali principale e irrorando l'intero corpo, per farla marcire dall'interno, sentiva che Saki tentava di scassinare le pareti del suo cervello e prendere il sopravvento.
Per queste ragioni, prese il piccolo per mano e si precipitò fuori nel corridoio, portando con sè solo i Double Soul, nascosti sotto la gonna.
Si voltò verso la stanza di Luce, la co-genitrice, avendo intenzione di consegnargli, in maniera straordinaria il piccolo almeno per quella notte, avendo paura che Saki si risvegliasse e gli facesse del male, ma non si fermò prima di aprire la porta, sentiva il flusso negativo e la potenza di Saki aumentare ad ogni passo che faceva verso la camera n.1, la sua mente fu talmente abile da costruire l'illusione che da sotto la porta chiusa della stanza uscisse un materiale viscido nero che si dirigeva verso di lei e che evidentemente voleva sopraffarla.
Si sentì mancare un attimo, così perse le forze e fu quasi sul punto di cadere ma poggiò il braccio al muro ed evitò il peggio. Fece quindi dietro-front con una meta ben precisa. In caso di bisogno si poteva rivolgere ad una sola persona, soprattutto in casi come questi riponeva piena fiducia solo nella sua allieva di combattimento e maestra di cuore: Miku, l'unica capace di cantare una ninna nanna al mostro spietato che dimorava nel corpo della fanciulla floreale.
Bussò energicamente e rumorosamente più volte alla porta della numero 3 gridando, senza controllare il tono di voce:
Miku! Miku! Per favore, apri! Sono Lamia! appena sentì la serratura sbloccarsi spinse con la spalla la porta e si intrufolò dentro con una certa veemenza come se un drago sputafuoco la stesse rincorrendo.
Miku! Miku! Aiutami! Ti prego! Miku!
Il tono era alterato, decisamente, l'articolazione molto veloce e convulsa, il respiro affannoso e l'espressione spaventata. Di rimando anche il piccolo, abile nel percepire e farsi influenzare dagli stati d'animo delle persone che gli stavano vicine, si corrucciò e cominciò a far guizzare lo sguardo nel nuovo territorio con una punta di paura e un silenzioso impulso alla fuga.
Lamia si sedette nervosamente sul letto dell'amica sfatto e si strinse la testa tra le mani in preda ad un conflitto interiore.
Miku, sta accadendo qualcosa di strano... Saki...! adesso sembrava far fatica a riuscire persino a parlare, come se qualcosa gli premesse la lingua e le strozzasse le parole in gola.
In più, non aveva mai parlato, per circostanze varie di Adam all'altra, la situazione era confusa e critica.
Adam... non preoccuparti... Miku ti proteggerà... continuò, a strappi, riuscendo di sfuggita a guardare anche Miku, cercando una sicurezza.
Strinse d'impulso il Sai legato alla gamba destra e lo estrasse velocemente, come se fosse arrivato un nemico all'improvviso, ma lo piantò con forza nel materasso, perforandolo in profondità.
Miku... aiutami...Saki!
 
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Peaches
view post Posted on 9/8/2013, 23:13




Ma si, proviamo anche te, brandy...
Lo mandò giù in un sol colpo, non amava il sapore dei superalcolici ma per una volta si poteva fare un'eccezione, soprattutto considerando che del brandy, lì dentro, c'era semmai solo la puzza.
Non aveva mai fatto caso a quanto lo scricchiolio della carta plastificata dei cioccolatini fosse simile al rumore di blatta schiacciata, e c'era voluta quasi una scatola intera di quelle diaboliche leccornie per realizzarlo.
Seduta in terra con la schiena poggiata al letto, a gambe divaricate e con indosso solo una leggerissima camicia da notte color pesca, ripassava tra le mani il rosso esoscheletro di carta, fissandolo incantata mentre l'oscurità, unita alle endorfine in circolo nel suo corpo la stavano lentamente facendo scivolare nel dolce oblio che prelude al sonno.
Una volta che tutte le grinze furono sparite dall'involucro, lo posò distrattamente sulla sommità del variopinto mucchietto di suoi simili, che giacevano perfettamente stirati alla sua destra, e cominciò lentamente a cedere...reclinò appena la testa all'indietro, poggiandola sul materasso, ed infine socchiuse gli occhi godendosi il silenzio rotto solo da qualche sporadico grillo in lontananza.
Non era roba da andarne fiera, questo lo sapeva anche da sola. Scovare dal fondo dell'armadio la bella scatola di velluto bianco contenente un assortimento di praline e ingozzarsi fino a farsi venire il mal di stomaco...decisamente non era un granché come primo vero gesto da aspirante cacciatrice.
La conservava dal White Day, e da febbraio era stata così brava da non toccare neanche una molecola di cioccolato, ma alla fine tutte le tensioni accumulate avevano avuto la meglio sia sul suo sonno, sia sulla sua proverbiale calma.
Fissava il soffitto, esattamente come faceva quando sognava di essere legata a quel tavolo operatorio.
La sensazione era così simile che di tanto in tanto le veniva spontaneo controllare se ci fosse qualcuno nell'angolo buio tra il vecchio armadio tarlato e la parete bianca, la voce che da varie notti ormai le sussurrava parole apparentemente insensate, e le ripeteva che era cieca, negandole così ogni speranza di uscire dalla sua prigione onirica.
Continuo a fare quello strano sogno, secondo te che significa Spike? - disse, parlando a bassa voce, rivolta ad un puntino nero che penzolava beato sopra la sua testa. Spike era il suo ragnetto da compagnia, l'aveva trovato lì al suo arrivo e non se n'era mai andato. Le era simpatico, con quel corpicino minuto e quelle lunghissime zampette che facevano il solletico quando se lo lasciava camminare addosso. Allungò un braccio verso l'alto e porse la punta del suo indice alla simpatica bestiola che, a quanto pare, gradì l'invito e lasciò perdere il suo filo di seta per farsi una passeggiata sull'umana con cui divideva la stanza.
Pare che i sogni ricorrenti siano una specie di campanello d'allarme della nostra psiche, sai? Scommetto che tu sogni zanzare... - sorrise, porgendogli l'altra mano su cui camminare - io invece sogno qualcuno che continua a ripetermi che sono cieca. Ma perchè? Proprio adesso che ho capito cosa successe quella notte, e che so cose che prima ignoravo? Ne, Spike, non ti sembra che io sia tutto meno che cieca?
Ingozzarsi di cioccolato e chiacchierare con un ragno. Non era un granché come inizio da cacciatrice, decisamente.
Magari passo da camera di Lamia, e le chiedo quando possiamo iniziare ad allenarci un po'...
Posò Spike sul pavimento, e tempo una frazione di secondo quest'ultimo sparì sotto il letto, mentre lei raccolse il mucchietto di carte per buttarle nel cestino accanto alla scrivania, sotto la finestra aperta.
Magari sta dormendo - la luna era già alta nel cielo, in effetti, e da lì pareva pavoneggiarsi con la sua corte di stelle, regina della notte, per farsi beffe delle misere storie che avvenivano ai suoi piedi.
Raccolse la carta rossa che era volata fuori dal cesto, e la mise tesa davanti ai suoi occhi, seguendo uno stupido impulso di quando era bambina.
A quei tempi guardare il mondo attraverso simili colorate trasparenze somigliava a una magia, ma adesso, al di là del fogliettino teso, vedeva solo una luna scarlatta che pareva sanguinare, e faceva paura.
D'ora in poi, è così che vedrò le cose...coperte di un sangue che nessun altro potrà vedere?

L'incessante bussare di qualcuno alla sua porta le fece cadere di mano la lente improvvisata per voltarsi di scatto verso l'entrata della camera, che per un brevissimo istante fu contenta di aver chiuso a chiave. Poi però, in quel rumore riuscì ad individuare la voce di Lamia, la sua Lamia, talmente agitata da sembrare quasi in pericolo.
Si precipitò ad aprire, ma non ebbe neanche il tempo di guardare in faccia l'amica che questa sgattaiolò dentro come se fosse inseguita da qualcuno e fu per questo che, d'istinto, si sporse nel corridoio per accertarsi che fosse sgombro. In effetti non era mai stato tanto vuoto e silenzioso, ma allora da cosa stava scappando la cacciatrice dai capelli rosa?
Chiuso che ebbe la porta, si dedicò completamente a lei, che nel frattempo si era seduta sul suo letto, come affranta.
Solo adesso che quella specie di ciclone si era arrestato, faceva caso ad un piccolo particolare: Lamia non era da sola.
Miku strabuzzò gli occhi quando lo vide: un bambino che non poteva avere più dell'età di Kaito, il fratellino di Keitaro, ma forse aveva anche meno di 5 anni in effetti.
Delicato e taciturno, il piccolo osservava la sua accompagnatrice con espressione preoccupata, e di tanto in tanto si voltava verso Miku, che stava ancora cercando di capirci qualcosa quando fu catturata immediatamente dallo sguardo del ragazzino. Come era già successo con Amandha, anche questa volta non riuscì a distogliere la sua attenzione da quelle iridi che parevano scavarle dentro ed allo stesso tempo contemplare qualcosa di lontano ed indecifrabile.
Forse che anche quell'esserino così indifeso era un vampiro? Meglio non pensarci neanche.
Lamia, calmati ora - le sussurrò decisa, sedendosi accanto a lei, non prima di aver rassicurato il bambino impaurito con un sorriso che voleva dire "va tutto bene, siete nel posto giusto". Non l'aveva vista così scossa neanche dopo aver freddato un avversario, e anche se ostentava una certa tranquillità per evitare di peggiorare la situazione, dentro di sé era seriamente preoccupata.
La mano, poggiata sulla spalla dell'amica, sentiva perfettamente il tremolio che le percorreva il corpo mentre invocava il suo nome. - Sono qui... sono qui.
Si limitò a tirarla un po' più presso a sé e ad abbracciarla, spinta da un senso di protezione che ora includeva anche il piccolo Adam, così l'aveva chiamato, che continuava a guardarsi intorno spaurito.
Lamia ha ragione, Adam, adesso ci sono anch'io a darvi una mano - sorrise, materna.
Il sai era piantato nel materasso, a pochi centimetri dalle sue gambe, e lei se l'era appena fatta addosso.
Che cosa stava succedendo a Lamia? Perchè era così sconvolta e apparentemente fuori controllo?
Saki, era l'altro nome che continuava a ricorrere nelle sue frasi sconnesse.
Eppure lei ricordava perfettamente che era anche uno dei nomi dell'amica. Gliene aveva già parlato in un'occasione, ma ricordava solo che c'entrava quel suo misterioso maestro...ma era davvero il caso di chiederle informazioni in una situazione del genere?
Nello stato in cui versava, avrebbe anche potuto dire o fare qualcos'altro che avrebbe finito per terrorizzare definitivamente il piccolo.
Già, altro mistero. Credeva di sapere ormai tutto di lei, e invece si sbagliava.
Oh, avanti. Non è il momento per queste recriminazioni.
Non lo era di sicuro, fatto sta che credeva di essere una persona degna di fiducia per lei, e invece aveva appena scoperto che evidentemente non era del tutto vero.
Strinse il corpo della cacciatrice per bloccarne i singulti, nascondendolo in parte alla vista del piccolo e allo stesso tempo frapponendolo tra il suo sguardo e il sai conficcato nella stoffa, in modo che la mano potesse scivolare piano e, non vista, afferrarne l'impugnatura.
Non aveva nessuna voglia di usarlo. Ma Lamia era troppo strana quella sera, e il piccolo troppo impaurito per non prendere qualche precauzione.
Si sentì cattiva anche solo ad aver ipotizzato un'evenienza del genere, ma guardò avanti, rivolgendosi al ragazzino con il tono più fermo possibile.
Adam, lì sulla scrivania ci sono dei cioccolatini, prendine qualcuno se vuoi.
Non sperava certo di risolvere tutto con del cioccolato, ma almeno di riuscire ad avvicinarsi un pochino a lui, rompere il muro di diffidenza che sembrava aver eretto nel momento stesso in cui la sua madrina era crollata.
Mi puoi dire cosa è successo? Qualcuno voleva forse farvi del male?
Proprio mentre pronunciava le ultime parole, un fremito scosse le spalle dell'amica. Miku decise di approfittarne immediatamente per capirci qualcosa.
Ehi, Lamia...sono io, sono qui con te - sussurrò, muovendosi appena avanti e indietro mentre ancora il suo naso era sprofondato nei suoi capelli e la teneva tra le braccia, cullandola piano piano come una bambina - Te lo prometto, terrò Adam al sicuro...ma devi dirmi da cosa devo proteggerlo. Cos'è che ti fa così paura?
Non posso vederti così! Riprenditi!
Una strana ninna nanna, quella che la piccola umana stava riservando alla sua amica più cara. Una ninna nanna, con un pugnale fra le dita.
 
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lošai
view post Posted on 11/8/2013, 11:43




La notte precedente le vicende che avevano dato il via alla strana concatenazione di eventi, Rei era come al solito di ronda, e nel suo girovagare per la scuola non aveva notato niente di strano in nessuno degli studenti che aveva beccato fuori dalle brande.
Nessuno che correva urlando che l’apocalisse era imminente, nessuno che deturpava il bellissimo giardino della Cross, nessuno che sembrava diverso dal solito.
Ricordava solo di essersi tremendamente annoiato, sotto un albero vicino al cancello d’ingresso alla Night Class aspettando che succedesse qualcosa, ma venendo come al solito deluso. L’estate non era ricca di avvenimenti, dato che la maggior parte di quelli della Day tornavano alle loro case, portando via il caos e la confusione.
L’unica cosa strana che era successa quella notte, era stato incontrare Edvige e riuscire a strapparle un invito per la piscina il giorno successivo.
Il volto di Rei si era come illuminato quando aveva sentito il “sì” della ragazza e il sorriso che aveva messo sul volto valeva molto più di centinaia di frasi che le avrebbe potuto dire. Era contento. Contento di poter finalmente passare del tempo con lei, dato che era parecchio che i due non riuscivano a vedersi per passare un po' di tempo insieme.
Chissà… Magari avrebbe portato in piscina anche Cellly II. Giusto per rievocare vecchi ricordi.
Sorrise lasciandosi cadere sul materasso morbido della sua stanza, dopo essersi separato da Edvige, pronto a farsi le sue dovute ore di sonno, ignorando ogni cosa dentro la stanza, compreso il leggero disordine che si era accumulato lì dentro.
Avrebbe presto dato una sistemata, coinvolgendo il suo animaletto domestico/compagno di stanza.
Ma quel giorno non era ancora giunto. Domani piscina.

-Yawn- uno sbadiglio si levò nell’aria mostrando la faccia scottata dal sole di Rei, che tranquillo e beato stava per fare l’ennesimo sonnellino sul lettino della piscina che aveva occupato con Edvige, dopo aver fatto un bagno lungo quasi un’ora con l’altra Guardian, ridendo, scherzando, e aver esplorato i vari usi della sua ciambella e del delfino di Edivge, che esercitava ancora uno strano fascino sul Guardian maschio, adorando quest’ultimo i giochi di quel tipo e non avendo mai potuto giocarci quando era piccolo.
-Dobbiamo farlo più spesso.-disse rivolgendosi alla figura al suo fianco, splendida come non mai in costume da bagno, intenta a fare lei solo sa cosa, che aveva accettato in memoria dei vecchi tempi il suo invito:-La prossima volta cerchiamo di recuperare anche Luce. Un po' di relax farebbe bene anche a lei.-aggiunse stiracchiandosi sul lettino, come fosse un cane in cerca di grattini sulla testa.
Coperto dall’ombra del grande ombrellone rosso col simbolo della Cross, guardò la ragazza che era in sua compagnia e sorrise, al settimo cielo per essere riuscito a passare del tempo con lei. Ormai la giornata era quasi finita dato che erano da poco passate le 16, ma si era divertito forse anche troppo. L’aveva già detto che le era mancata la compagnia della compagna di ronde? Se non fosse stato dannatamente bene su quel lettino, l’avrebbe ancora una volta abbracciata, dato che da quando si erano incontrati, non aveva fatto praticamente altro sia fuori che dentro l’acqua, venendo anche alcune volte minacciato di essere affogato se continuava con quelle dimostrazioni di affetto forse un po’ troppo esagitate.
Edvige però aveva qualcosa di strano. Non gli era sembrata la solita. Forse le avrebbe chiesto se c'era qualcosa che la preoccupava...
Comunque, se c’era una cosa che riusciva bene a Rei, era quella di addormentarsi praticamente ovunque e in breve tempo; per cui gli ci volle poco in quella posizione, e forse non captò nemmeno le ultime parole di Edvige dopo il suo sorriso, a prendere sonno, beandosi del calore estivo e della voce della ragazza che lo stava accompagnando lentamente nel mondo dei sogni.
Si limitò ad annuire all’ultima sua frase, non capendola alla perfezione, dato che non aveva fatto tanto caso alle parole di Edvige quanto più alla sua voce dolce che continuava a ronzargli nella testa, appisolandosi subito dopo.

Un fumo nero fu la prima cosa che vide.
Si guardò intorno ma l’unica cosa che riusciva a mettere a fuoco era oscurità. Odore di sangue e bruciato imperversava nell’aria, e la luce gli era ancora preclusa, come se le serrande del luogo in cui si trovava fossero completamente abbassate.
La seconda cosa che gli tornò alla memoria fu il dolore. Fu spinto indietro, contro uno degli alberi del giardino della Cross e Shion gli scivolò di mano.
Sapeva già che non l’avrebbe ritrovata.
Si portò una mano alla testa, sentendo scorrere il proprio sangue sulle dita, cercando di rimettersi in piedi.
All’improvviso la figura di un uomo sanguinante gli si frappose davanti mentre ancora intorpidito dal colpo precedente cercava con la mano destra, tra i cespugli l’altra sua pistola.
CITAZIONE
"Ho giurato... Fedeltà a... Lei e io l'-... Non..."

Un brivido gli attraversò la schiena e lo sguardo vagò tra il fumo nero.
La figura di Yuri, come trasfigurata, vagamente somigliante ad un diavolo oscuro, combatteva con una spada di cristallo nero contro una figura splendente, che aveva finalmente schiuso il suo mondo di tenebra e che aveva le sembianze della ragazza che lo aveva accompagnato in piscina.
Scostò il vampiro facendosi perno su di lui per potersi rialzare, cercando di correre verso di loro, ma il combattimento, man mano che lui guadagnava terreno, si faceva sempre più distante.
Il vampiro sorrise, incredibilmente vicino, come se Rei non si fosse minimamente mosso e la sua figura si fece man mano più piccola, più delicata, più femminile. Gli apparve una giovane dagli occhi scarlatti che conosceva perfettamente.
-…-
Annuì a quelle parole, anche se era più che certo di non aver sentito niente e cercò con lo sguardo il combattimento precedente. Pronto a fermare Yuri ed Edvige come forse la cacciatrice gli aveva suggerito.
Poi emise un verso strozzato, e lo sguardo si abbassò verso il terreno, notando che la spada di Cristallo nero che gli era stata affidata dopo lo scontro con il gigante, non era più in mano a Yuri, ma si trovava in mano alla cacciatrice ed era intrisa del suo sangue.
Alzò gli occhi verso l'altra e i suoi occhi verdi si persero in quelli scarlatti della ragazza, che gli mostravano una sfumatura che non le aveva mai visto prima.

Si svegliò di soprassalto con il fiatone, il petto che si alzava e abbassava irregolarmente. Si voltò verso Edvige e sorrise, appena più nervoso rispetto prima:-Che incubo. Celly incappava in un ago e veniva bucata senza pietà da Luce.-disse ridacchiando per quella assurda e falsa visione che si era appena creato.
Guardò il cielo e scoprì che il Sole stava lentamente calando e la notte stava arrivando sempre più in fretta:-Uhm, ho dormito più del dovuto.Direi che è ora di andare no?-

Ormai il Sole era sparito, e la Luna con le stelle illuminavano il sentiero. Si era separato da Edvige da circa un’oretta, e aveva preso a passeggiare lungo il giardino della Day Class, prima di rientrare nella sua stanza, come a metabolizzare ciò che aveva sognato poco prima, cercando di dargli un senso.
Dal punto in cui si trovava riusciva a vedere perfettamente il dormitorio, e le varie luci accese nelle camere degli studenti.
Il suo sguardo andò nella stanza numero 1 del dormitorio femminile. Ormai conosceva la struttura, quindi sapeva dove posizionarlo perfettamente.
Ma non c'era niente che potesse essere definito strano o minaccioso, almeno dall'esterno.
Forse era solo un po' paranoico.
 
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view post Posted on 13/8/2013, 00:02

Livello estremo

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Dead!


Fuori il sole stava tramontando, dipingendo gradualmente il cielo con colori caldi e freddi. Un bello spettacolo, insomma. Ma questo poco le importava. Un tempo si stupiva per le meraviglie che la natura le offriva, come appunto un tramonto. Entrava in estasi per un semplice arcobaleno, o si perdeva nella magnificenza delle stelle. Ora invece, l’unica casa che riusciva ad osservare era quel grigio soffitto della stanza n.1 del dormitorio Sole.
Edvige era sdraiata supina sul letto, non sapeva esattamente nemmeno lei da quanto tempo. Ultimamente si perdeva spesso in quei momenti di riflessione, che non le portavano mai nulla di buono. Era sola.
Nella stanza riecheggiava unicamente il rumore prodotto dalle lancette di un orologio da parete. Era un normale orologio, di un fucsia acceso, che non molti anni prima la Guardian aveva acquistato per decorare un po’ la camera. Ricordava che non era particolarmente piaciuto a Luce, forse perché troppo appariscente per i suoi gusti. Ma alla fine aveva acconsentito a metterlo, forse solo per fare un piacere ad Edvige.
Inarcò le labbra in una sottospecie di sorriso alla memoria di quei bei ricordi di gioia e allegria, ma anche di curiosità, mistero, amore che erano legati a quella camera. Camera che ora pareva più banale che mai, forse fin troppo in ordine per essere abitata da studentesse universitarie. Anzi, pareva completamente un’altra stanza, una stanza non abitata da due amiche come Edvige e Luce, il cui amore e senso di protezione dell’una verso l’altra sembrava poter superare ogni ostacolo. Probabilmente, se fossero nate in una nuova vita, sarebbero state sorelle.
Ma anche la sua migliore amica dagli occhi rossi ultimamente non era più la stessa. Si parlavano e vedevano poco, pur vivendo sotto lo stesso tetto, pareva che si trovassero a chilometri e chilometri di distanza l’una dall’altra. Dal nulla una barriera si era venuta a creare tra le due, una stupida e fottuta barriera.
Tic-tac… tic tac…
L’orologio fucsia continuava a battere con sincronia i secondi che indicavano l’inesorabile scorrere del tempo. Osservò quelle lancette con uno sguardo inquietante. Le stagioni cambiavano e gli anni passavano, lei invece rimaneva sempre la stessa ragazzina che aveva guadagnato qualche centimetro in più in capelli, ma non sicuramente in statura. Certo, ora il suo corpo era cambiato, si era modellato, era diventata una donna, ma lei voleva vedere in sé stessa la Edvige di un tempo. Voleva vedere quella ragazza solare e sempre allegra, un po’ imbranata e testarda.
Odiava quei giorni di tristezza. In quel ultimo periodo si sentiva più sola che mai, anche se era circondata da tutte le persone più importanti della sua vita. Ma se avesse potuto, se solo le fosse stato concesso, non avrebbe esitato un attimo a far tornare indietro le dannate lancette di quell’orologio, tornando così agli anni più rosei e felici della sua esistenza.
Si alzò di scattò. Qualcosa di oscuro si era mosso in lei, nella sua mente e nel suo cuore. Si avvicinò alla parete e, dopo aver afferrato quell’aggeggio fucsia, lo scaraventò a terra, frantumandolo in mille pezzi.
Solo successivamente si rese realmente conto di cosa aveva fatto.
-Cosa mi succede?...-
Si chiese ponendosi una mano sulla fronte. Si sedette nuovamente sul letto incredula e meditando sul da farsi.
-Ho assoluto bisogno di una boccata d’aria.-

Quando uscì dal dormitorio Sun, si accorse che il tramonto era stato sostituito da un oscuro cielo già da un bel pezzo. Vagò per qualche minuto senza meta nel giardino della Day Class, per poi sedersi sotto un albero. Dopo non molto le si presentò davanti qualcuno che conosceva fin troppo bene: Rei, l’altro Guardian, nonché un suo carissimo amico. Quella sera era il suo turno di ronda e stranamente lo stava facendo. Normalmente si appisolava su qualche muretto, fregandosene altamente della sorveglianza.
Come sempre i suoi capelli erano completamente spettinati ed aveva stampato sul viso il solito sorrisetto sarcastico.
La invitò per una giornata in piscina e dopo qualche battibecco, Edvige acconsentì. Aaah… si lasciava sempre fregare da quel ragazzo. Lui le rispose con un bellissimo sorriso, che veramente valeva più di mille parole. Rei era uno che sorrideva sempre, ma i veri sorrisi erano davvero rari sul suo volto.


Il giorno successivo si presentarono sul luogo del “duello”, la Guardian leggermente in ritardo.
Ovviamente entrambi avevano portato le proprie armi: Edvige il suo enorme e strepitoso delfino, e Rei la sua nuova e accattivante ciambella.
Appena vide la ciambella, fu spinta subito dall’istinto di squartarla. Insomma, sappiamo tutti che fine avesse fatto Celly I, anche se quella volta non era stata colpa di Edvige. Comunque non fece nulla, se non deriderla pesantemente.
-Muhahahahahahahaha… Il mio delfino è molto più grosso e bello, la tua ciambella sembra una caccola in confronto!-
Senza molta pietà fu scaraventata in piscina.
La giornata proseguì allegra. Rei ne aveva combinate di cotte e di crude, e ovviamente anche lei ci aveva dato dentro. Alla fine, si stava divertendo tantissimo. Era da fin troppo tempo che non si concedeva un’uscita del genere, con uno dei suoi migliori amici.
-Sì, hai ragione, dobbiamo trovarci più spesso per passare un po’ di tempo insieme come una volta!- Disse sdraiata affianco a Rei, sotto l’ombrellone rosso della Cross Academy. Quando nominò Luce, Edvige si rattristi un po’.
-Sai, ultimamente è un po’ strana… Non riesco più a capirla, mi sembra di essere tornata al punto di partenza con lei, come durante i nostri primi incontri, non so... Hai presente la serata giù al laghetto di ormai cinque anni fa, quando non capivamo la metà delle sue frasi? Ecco. Mi sembra di non conoscerla più. Cioè, mi guarda ancora con amore e affetto, ma vedo un riflesso di luce strano nei suoi occhi, un qualcosa che non avevo mai visto in lei prima.- Sì, aveva iniziato un monologo, ma aveva bisogno di parlare di ciò con una persona di fiducia. Era da fin troppo tempo che si teneva tutto dentro. -E’ diversa. Ultimamente poi è più pensierosa del solito e taciturna. Ormai pensavo che si fosse abituata maggiormente a socializzare con la gente, a divertirsi. Ma a quanto pare mi sbagliavo.- Breve pausa. -E’ stata tutta colpa mia. Non mi sono impegnata abbastanza e per questo che si è allontanata da me. Pensavo di conoscerla, ma forse non ho mai capito niente di lei, e chissà quanti segreti mi nasconde. Sono sicura che lo faccia per proteggermi o perchè non vuole fare una cattiva impressione su di me. Ma io vorrei sapere tutto di lei, vorrei che si aprisse completamente con me. Non potrei mai essere veramente arrabbiata con lei. Vorrei che mi dicesse cosa l’angoscia, così da poterla aiutare, consolarla e soffrire con lei se questo è quello di cui a bisogno. Altrimenti che amica sono, no? Mi sento alquanto inutile.- Durante il suo discorso aveva tenuto lo sguardo basso sul lettino, perché altrimenti non sarebbe riuscita a dire tutte quelle cose. Solo successivamente si accorse che Rei stava dormendo. Edvige fece un sorriso un po’ malinconico, ma dolce allo stesso tempo. Sembrava così innocente in quel momento, quasi come un bambino. Ma Edvige non aveva pietà nei suoi confronti.
-Questo stupido idiota.-
Si avvicinò al suo orecchio ed urlo un sonoro -BU!!-.
Rei si alzò di soprassalto, forse fin troppo agitato. Edvige si preoccupò, non pensava che si spaventasse in quel modo! In fin dai conti più volte gli aveva fatto quello scherzetto e mai aveva reagito così.
Aveva fatto un incubo? Sì. E che incubo idiota.
-Sei proprio scemo! Mi avevi spaventata!-
Gli disse dandogli una pacca affettuosa sulla testa e sorridendo.
Dopo poco si separano.


Edvige salì le scale che portavano al primo piano del dormitorio Sole, con il suo delfino gonfiabile sotto il braccio destro.
Ripensò a tutto ciò che aveva detto prima e che probabilmente Rei non aveva sentito. Ma nonostante questo si sentiva più sollevata, finalmente aveva dato voce ai suoi pensieri.
Si soffermò sulla soglia della stanza n.1. Quella porta non le era mai sembrata così terrificante. Qualcosa di strano stava accadendo lì dentro e qualcosa di oscuro si stava risvegliando. Deglutì, spinse la maniglia ed aprì il Dark Reign.
 
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