| Nella notte in cui l'istituto Cross cadde, Saa'ka conobbe sé stessa, e perse sé stessa. Poco prima che la Black Box contaminasse lei come aveva fatto con molti altri, la vampira cui erano state poste nuove catene aveva avuto, per la prima volta in vita sua, coscienza di sé. Aveva guardato il suo corpo, nudo nello specchio, e aveva scoperto un'idea sconosciuta: "Io". Farlo in quel frangente tuttavia le era stato fatale, le aveva aperto la mente ai molti interrogativi che un tale concetto portava con sé, rendendola per un momento estremamente fragile. Tanto era bastato perché, come l'eco di un richiamo antico, l'oscuro potere racchiuso e poi liberato in quella scuola potesse far breccia attraverso le sue difese trasformandole in punti deboli, e così Saa'ka aveva finito col cedere alla brama del vampiro e al terrore della bimba, senza opporre alcuna resistenza. Non aveva capito neanche per un attimo ciò che le stava accadendo, perché non conosceva abbastanza, non le era stato ancora insegnato abbastanza. Che al mondo esistessero poteri in grado di plasmare la mente delle persone, non lo sapeva. Come non aveva capito che il malessere crescente dentro di sé, quell'istinto ancor più terribile e incontrollabile da fare quasi male, aumentava sempre di più perché sempre più vicino era colui che glielo aveva instillato. Quando Orphen, trasfigurato al punto da essere quasi irriconoscibile, varcò la soglia dell'aula il dolore divenne pungente, acuto, e la fece vacillare. Per qualche minuto, il tempo impiegato dal suo "mentore" per trasformarsi in quella cosa, la sua anima vibrò all'unisono con quella del vampiro della sabbia, e probabilmente fu la voce dei suoi tormenti a giungerle insieme alle sue urla belluine: la vampira si piegò, si contorse, si sentì soffocare e, mai come in quel momento, sentì netta la necessità di liberarsi di lui, di quell'individuo che dietro vane promesse l'aveva condotta in braccio alle sue paure, dell'incarnazione di ciò che le stava provocando quell'insopportabile dolore. Dimenticò completamente la presenza del professore, e concentrò tutte la sua attenzione su Orphen: era lui il suo bersaglio eppure... nonostante non le mancassero di certo modi per attaccarlo, non riusciva neanche a cominciare azioni offensive nei suoi confronti. I suoi pensieri, fondamentali per usufruire del proprio potere, parevano bloccarsi non appena quel nome e quel viso comparivano nella sua mente, e il pensiero non diveniva azione, ma restava bloccato ancor prima di completarsi del tutto, e più ciò accadeva, più la rabbia cresceva, più la Black Box si impadroniva di lei. Era a tal punto fuor di sé, che quasi non prestò attenzione alla vampira che, parandosi tra lei ed Orphen, aveva già iniziato a studiare il bersaglio che per primo avrebbe provato a colpire. La vampira fece un cenno col capo, un cenno di assenso rivolto all'individuo della cui presenza solo ora Saa'ka s'era ricordata: l'uomo vestito di nero che pareva a sua volta voler combattere contro Orphen. E la giovane selvaggia voleva la stessa cosa, dunque perché non allearsi con lui, che gliel'aveva proposto, e porre finalmente fine al suo giogo? La forza del professore era palesemente notevole: aggiunta alla sua e a quella dei due arrivati da poco non sarebbe stato difficile liberarsi di chi aveva più volte posto limiti alla sua libertà usando prima la persuasione, poi il suo stesso sangue... E invece un attacco partì, ma in direzione opposta a quella da lei decisa. En'nai! "No!" urlò come a voler impedire alle assi del pavimento di staccarsi per infastidire in qualche modo Echo, che dall'ombra appena nata sulla soglia alle spalle di Orphen stava riemergendo: perché, se lei aveva diretto il suo attacco sul suo compagno, perché il suo potere s'era indirizzato ad aiutarlo piuttosto che a colpirlo? Adesso era troppo tardi per fermare ciò che era iniziato, e troppo tardi per fermare sé stessa, che già correva in direzione del vampiro ricoperto di sabbia per combattere al suo fianco, mostrando le zanne sguainate ai tre nemici ormai schierati. Saa'ka non sapeva, non si spiegava per quale motivo il suo corpo le stesse disobbedendo a quel modo, quel corpo che aveva da poco scoperto appartenerle in quanto unito alla sua coscienza. Temeva, adesso, che perdendo l'uno avrebbe perso anche l'altra. Nella sua ingenuità non poté fare altro perciò, che obbedire ad una vecchia legge imparata dalla Natura: lasciare che l'istinto la guidasse verso la sopravvivenza, e l'istinto in quel momento le stava dicendo di stare accanto a colui con cui divideva un legame di più forte di qualsiasi altro. Un legame di sangue, per quanto corrotto e oscuro come un abisso profondo, era pur sempre la forma più potente di appartenenza che lei avesse mai sperimentato. Prese posto alla destra di Orphen e lo guardò negli occhi famelici. Poi, senza attendere un secondo di più, si morse il polso sinistro fino a farne uscire del sangue, e lo pose davanti alla sua bocca perché ne prendesse e rinnovasse il loro primo, inconsapevole, patto... chiedendosi, per l'ennesima volta da quando l'aveva conosciuto, se quella che stava prendendo fosse la strada giusta.
Edited by Saa'ka - 8/8/2014, 18:58
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