Con Yami bisognava avere pazienza, che prima o poi si sarebbero trovati e capiti. Fu invece un tempo assurdamente breve quello che passò tra quel pensiero e la materializzazione della più grossa paura del vampiro dai capelli rossi.
Stranamente, le avvisaglie che di solito precedevano una crisi questa volta erano state molto attenuate, non gli avevano dato il tempo di mettersi in guardia e così lui aveva continuato a comportarsi come se nulla fosse stato, fino a quando non arrivarono in camera.
Aveva annuito al discorso riguardante il Lord, pensando che in effetti era stato proprio come se i suoi pensieri fossero stati completamente alla sua mercé, e che dolore, domande, e sete sopratutto... di sete soprattutto stava iniziando ad averne, anche se più che sete avrebbe potuto esser definita voglia: voglia di sentirsi invadere dal profumo inebriante di un sangue puro, come l'ultimo dei level D.
Era normale, pensò, sarebbe passato stando per un po' lontani da quel salone dove ancora aleggiava la presenza del Drago.
I suoi occhi avevano seguito i movimenti aggraziati dell'amico e stava ascoltando le sue parole rivolgendo ad esse completa attenzione... almeno così credeva. Aveva, sì, un pizzico in gola, ma nulla di diverso dal solito, c'era abituato, non era cosa di cui preoccuparsi. Bastava fare un paio di respiri più profondi e sarebbe passato, come sempre.
Yami gli stava confidando qualcosa di importante rispondendo a una delle domande che aveva intenzione di fargli, e quel pizzico era solo l'effetto del purosangue ancora non completamente svanito dalla sua mente.
Forza, Keitaro, non lasciarti distrarre. Yami è orgoglioso di te, sii contento, non rovinare tutto...
Con un lieve fruscìo di lenzuola si mise a sedere abbandonando la posizione supina, ma fu colto da un giramento di testa. Non era niente, si era solo alzato di scatto, nulla di preoccupante.
La camera iniziò ad avere contorni sfumati, e il letto parve muoversi sotto di lui, ma sarebbero bastati un paio di respiri, magari una compressa. Giusto per essere sicuri, una compressa, solo per precauzione... una sola, per calmare l'affanno sarebbe stata sufficiente.
Si voltò nuovamente verso Yami, che adesso se ne stava in piedi davanti alla finestra a osservare chissà cosa, lui non si era ancora affacciato e non sapeva che lì sotto c'era la spiaggia dove avrebbero passato la serata.
Quegli occhi neri, pensò, non sapeva mai cosa stessero vedendo veramente, se la realtà di fronte a loro o il riflesso di una qualche realtà lontana: sembravano sforzarsi ogni volta, e guardare a un palmo dal proprio naso non è così faticoso. Yami pareva ogni volta doversi fare strada attraverso pesanti veli prima di riuscire ad afferrare quel che aveva di fronte, forse per questo rispondeva sempre dopo un po', dopo averci pensato a lungo.
Il letto iniziò a muoversi di più, tanto che Keitaro dovette tener ferma la propria testa per cercare di fermare tutto quel vorticare di cose, e nonostante ciò non vi riuscì.
Quello che per la prima volta mise piede sull'isola era uno Yami diverso, uno Yami che ancora non aveva frantumato lo specchio di se stesso...questo lui riusciva a capirlo molto bene e qualcosa dentro gli dava l'assoluta certezza che l'avrebbe capito ancor meglio dopo essersene andato da lì.
Non si trattava solo di ultimare la propria trasformazione da umano a creatura della notte, quella ormai era stata messa in atto molto tempo prima e con questo ci aveva già fatto i conti più volte. La vera trasformazione, quella forse che gli faceva più paura, era quella che riguardava il ragazzo, più che il vampiro.
Ci aveva pensato tanto a ciò che avrebbe significato completare il mutamento, e in fin dei conti era giunto alla conclusione che, nella pratica, la sua vita non sarebbe stata poi così diversa: persino la sete di sangue sarebbe stata minore, e paradossalmente si sarebbe sentito meno vampiro di quanto s'era sentito fino a quel momento. La vera trasformazione era stata già messa in opera nei mesi passati, e riguardava il suo essere in quanto persona, a prescindere dalla razza. Durante quei mesi in cui era stato lontano da casa aveva dovuto per forza cambiare modo di guardare alle cose, alla vita, agli affetti. S'era dovuto abituare all'idea di sopravvivere a tutti coloro di cui non aveva mai immaginato la morte, aveva dovuto accettare il compromesso di una vita - lunghissima - fatta di menzogne da dire a chi amava, di segreti bui lordi di sangue... aveva imparato ad essere "il solito Keitaro" anche se il giorno prima le sue mani avevano ucciso un uomo.
Il vero cambiamento, in lui, era iniziato prima ancora di accorgersene come un'esigenza imprescindibile per salvaguardare le poche persone a cui teneva veramente, e Keitaro, da ragazzo semplice che era, si era trovato improvvisamente adulto e bugiardo.
Bere il sangue di Victoria era come dire "sì, lo voglio" dinanzi a tale prospettiva pressoché eterna e dire addio per sempre all'innocenza.
Non è un dramma, diceva a se stesso quando ci pensava.
È un momento che prima o poi arriva per tutti, vampiri e non. Il momento di crescere. Crescere, e iniziare a nascondere parti di sé, è normale. Fare ciò che si deve, invece di ciò che si vuole, è normale. E che cosa mi aspettavo? Di poter essere libero per sempre? Shikatanai. Così è, non c'è niente da fare...Lo pensò anche in quel frangente, proprio mentre la testa iniziava a dolergli sul serio e le zanne erano già pronte, proprio mentre un riflesso rendeva splendente la pelle del giovane in piedi alla finestra... Chi era quel ragazzo?
Strinse appena le palpebre per mettere meglio a fuoco la sua figura, ma non riuscì ad associarle un'identità.
La persona con lui nella stanza girò impercettibilmente il capo, e gli occhi del vampiro si accesero di sete, e il corpo del vampiro si mosse senza far rumore. Una ciocca di capelli corvini si separò lasciando intravedere del bianco al di sotto di essi, e fu tardi per dare un nome alla preda.
Le prede, è bene non abbiano nome.
Immediatamente il sangue si liberò dalla ferita impressa sul collo del ragazzo, che non oppose resistenza e anzi, facilitò il pasto ad un Keitaro ormai privo di freni. Il suo corpo era percorso di brividi come mai prima di allora, e la sua mente completamente svuotata, pronta ad accogliere ciò che con quel sangue sarebbe arrivato a riempirla. Non le parole dell'amico, bensì frammenti confusi di immagini e altre parole lontane, voci che non riusciva a riconoscere... e l'ululato del vento, fortissimo, a coprire ogni cosa.
Il suo corpo si stava riscaldando, o almeno questa era la sensazione dominante mentre il liquido purpureo continuava a fluire dalle vene di Yami alle sue: era qualcosa che non voleva finisse mai, fosse stato per lui mai avrebbe posto fine a quel morso... avrebbe continuato ancora, e ancora, fino a quando nulla sarebbe rimasto di cui saziarsi: né sangue, e né ricordi.
Keitaro aveva già affondato i propri denti e bevuto da alcune persone, eppure mai gli era capitato di "vedere" in quel sangue, annegarvi fino a perdere ogni cognizione del tempo. In poche parole, mai la sua anima era stata messa in una comunicazione tanto profonda con nessuno, prima di allora.
Peccato solo non riuscisse ad averne la percezione: il suo "io" era perso ormai, divenuto un tutt'uno con quello della vittima stretta in un abbraccio potenzialmente mortale, proprio da quelle braccia che le avevano regalato conforto e appoggio in tante occasioni.
E sentì di voler piangere, di dover piangere come un bambino. Sentì il suono della pioggia e freddo, un freddo indescrivibile nelle ossa. Gli doleva il collo, e aveva sete.
La stretta si rinsaldò, sulla nuca dell'amico, i corpi si sbilanciarono. Caddero in terra entrambi, ma Keitaro non sentì il contatto col pavimento e continuò a stringere e ad affondare le zanne in preda alla paura, e alla fame.
Quella paura non era la sua, eppure gli stava dentro perniciosa come il rumore incessante di pioggia, e tuoni, e fulmini di cui non v'era traccia nell'isola in cui si trovavano.
Vide un drago che si contorceva su se stesso, come fluttuasse in una specie di cielo fumoso e scarlatto, e di nuovo una sensazione che non era la sua si impadronì di lui. Era felice, adesso, stava tornando a casa. La parola "mamma" gli riempiva ora la testa, ma il suono dolce che aveva all'inizio diventò sempre più duro, sempre più disperato.
"
MAMMA!" urlò dentro di sé, e si sentì perforare da un dolore lancinante più e più volte... e il dragone che fluttuava nel cielo rosso strinse tra gli artigli una donna bionda, bella, ma con mani troppo grandi per essere quelle di una donna. Le mani erano piene di sangue. E lui era sempre più debole e confuso.
Una delle due mani stringeva un coltello. La donna sparì. Il dragone si inarcò e scomparve.
Al suo posto un uomo senza capelli aveva lo sguardo spento, sembrava un pupazzo.
Una voce femminile parlava di soldi, e l'uomo affondò il pugnale una, due, tre volte... poi perse il conto.
Nella stanza, nel mondo reale, il corpo di Keitaro si contrasse, divenne un pezzo di legno, invaso da un dolore atroce. Strinse ancora Yami, come se questo potesse calmare la potenza di quell'incubo.
"Papà..." pensò, stremato, coi pensieri di un bambino che non era lui. E pensò che avrebbe lasciato fare. Che se volevano potevano farlo. Che forse aveva fatto qualcosa di male, e forse se lo meritava. Pensò che forse non doveva tornare a casa così tardi, che la prossima volta non li avrebbe fatti arrabbiare...
E poi divenne tutto nero. Nel buio, si alzò un vento fortissimo e il dragone tornò, e lui si sentì cingere e poi cullare delicatamente dal corpo rugoso, riscaldato dal fiato dell'animale, e finalmente ebbe pace.
Una voce di ragazza gli sussurrò una parola all'orecchio, che a lui parve avere la dolcezza del miele.
...."Yami"....Yami... Ripeté mentalmente con la sua, di voce. Yami... era il nome... Yami...
Si staccò come se d'improvviso il corpo dell'amico fosse ricoperto di spine. Quasi lo scacciò da sé, e i suoi occhi ancora accesi lo fissarono sbigottiti come se lo vedessero per la prima volta.
Da quegli occhi scendevano, senza che lui potesse frenarle,delle lacrime silenziose.
La bocca era ancora grondante di sangue e l'ex-umano non capiva ancora bene dove si trovasse, né cosa fosse successo.
Sentiva solo un groppo in gola che gli impediva di parlare mentre, con espressione sempre più angosciata, fissava l'altro.
Yami... ora lo riconosceva. Possibile che ciò che aveva visto fosse successo veramente?
Con un movimento brusco e ancora un po' scoordinato si portò le mani a coprire il volto: pian piano la coscienza stava tornando, e con essa la percezione di quanto orribilmente si fosse abbattuto su quello che considerava uno degli amici più cari, e di quanto terribili fossero i ricordi che quel ragazzo si era portato dentro per tutto il tempo.
Quando tornò del tutto in sé vide le sue mani macchiate di rosso, poi i suoi occhi si incatenarono a quelli dell'amico e silenziosamente lo supplicarono di perdonarlo. Per ciò che aveva fatto. Per ciò che aveva visto. Per ciò che
non aveva fatto.
Sarebbe stato impossibile domare l'ondata di emozioni che in quei pochi attimi aveva invaso il povero ex-umano, ma tra tutte a spiccare fu un senso di rabbia mista a schifo profondo che gli si dipinsero tal quali sul volto un po' più emaciato del normale.
Non avrebbe voluto che Yami lo vedesse in quel modo, ma non riuscì a nascondere quel genere di espressione e così, prima di accasciarsi per il troppo sangue perduto, l'amico trovò proprio quello sguardo, poi chiuse gli occhi, e svenne.
Keitaro si precipitò su di lui sconvolto, credendo di averlo ucciso esattamente come aveva fatto con i due ladri durante l'attacco alla scuola. Lo prese di nuovo tra le braccia, sudando freddo, e lo scosse pregando che si riprendesse: si calmò solo quando, chinandosi sulla sua bocca ne sentì uscire una specie di soffio. Era vivo. Ma era stato lui a ridurlo così, non se lo sarebbe mai perdonato.
Delicatamente lo prese in braccio e lo depose sul letto lì accanto: magro e leggero, pallido...chissà quanto male gli aveva fatto mordendolo... e non solo, come se non bastasse aveva anche spiato una parte di lui così intima e segreta. Era successo anche con Victoria, a parti invertite, e se lo ricordava perfettamente quanto si sentì violato in quel momento, stupido d'un livello D!
Si sedette accanto a quel corpo inerme, e stette a guardarlo per un po'. Tutto sommato aveva un'espressione abbastanza serena, ma allora?
Possibile? Era mai possibile che qualcosa del genere fosse accaduto davvero? Eppure il dolore che aveva provato era nitido, preciso, volendo avrebbe potuto toccare là dove era stato colpito e localizzare con esattezza il punto in cui il coltello era affondato... Possibile che fossero solo fugaci rielaborazioni della mente, quelle immagini che aveva visto, quelle sensazioni disgustose che aveva provato? E se tutto fosse stato vero, se fosse accaduto proprio a Yami...
Distolse lo sguardo verso un punto alla sua destra, sul pavimento.
Se fosse stato tutto vero, molte cose avrebbero trovato una spiegazione.
Che cosa ti hanno fatto, amico mio...e che stupido sono stato. Non ho capito proprio niente... e lì come uno scemo ti ho parlato per ore della mia famiglia. Ti ho perfino invitato a conoscerla. Perché non mi hai detto di no? Perché mi hai lasciato gettare sale sulla tua ferita?In lontananza, appena attutito dalle imposte socchiuse, il rumore di bicchieri e stoviglie che venivano disposti su di un lungo tavolo in spiaggia faceva da sottofondo - decisamente inopportuno - al monologo interiore di un Keitaro che, ancora una volta, aveva sbagliato tutto.
Proprio sotto alla loro finestra quattro cameriere in uniforme nera si affaccendavano ad addobbare la tavola con fiori e candelabri, mentre un paio di maggiordomi disponevano in maniera impeccabile vino e bicchieri. Gli sembrò perfino di sentire voci di ragazzini: quante persone abitavano in quella casa?
Quanto tempo era passato? Probabilmente fra non molto sarebbe stata ora di cena, e loro due erano attesi, Yami soprattutto, e non poteva certo presentarsi in quelle condizioni al cospetto di tutti! Dannazione, il Lord aveva ragione a dubitare di lui e della sua forza di volontà!
Si voltò nuovamente verso il vampiro svenuto: c'era una sola cosa da fare se voleva che si ristabilisse.
Dopo Victoria, nessuno mai aveva assaggiato il suo sangue, lui non l'aveva permesso a nessuno, ma era il minimo che potesse fare adesso. Liberò quindi gli artigli dalla sua mano destra, e con l'indice impresse un piccolo taglio all'altezza della giugulare, non molto lungo ma sufficientemente profondo da sanguinare copiosamente, e si chinò, poggiandosi coi gomiti sul cuscino in modo da far arrivare qualche goccia sulle labbra dell'amico. Rimase per un po' in quella posizione: sperava che l'odore e il sapore di quel sangue avrebbero portato l'amico a berne di più. Gli avrebbe fatto bene, questo era l'importante, anche se era terrorizzato all'idea di esser morso di nuovo.
Come fanno i vampiri, eh Yami? - sussurrò piano piano, quasi al suo orecchio -
Mi dispiace amico mio, non avrei dovuto... Adesso, anche se volessi, non potrei più ridarti quello che hai perduto...- Era quasi sicuro che non potesse sentirlo, ma non importava, doveva dirgli una cosa a tutti i costi, perché quel bambino non pensasse ancora di essere la ragione di un tale abominio.
Ehi, Yami... Non è stato colpa tua. Non è colpa tua.Fuori, sotto una leggera brezza e l'ombra di una luna crescente appena visibile nel cielo vespertino, Shiei guardava in alto in direzione del secondo piano, con espressione preoccupata.
Fallen scusami se non ho introdotto a pieno la cena... è che mi è presa con la descrizione del morso e spezzare a questo punto mi pareva un peccato! Senza contare che la risposta è venuta già chilometrica così XD
Edited by Keitaro - 20/8/2014, 01:38