Nevischio mattutino

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LuCe-90
view post Posted on 13/1/2013, 00:51




Di cotanto rancido candore le guance di quel bimbo si illuminavano, sotto il sole smorto dell’inverno arrivato. Come se la neve lo distogliesse dagli pipistrelli, dai tarli che già nella mente erano stati annidati con ferocia e incoscienza e portava solo dodici anni sulle sue piccole spalle e contava ancora i suoi bianchi denti da latte, fragili, come fragile era il destino di quel bimbo.
Cosa c’era in quella neve, in quei cristalli perfetti scesi dal cielo, per una pura e semplice casualità d’atmosfera, che lo attirava così tanto, da spingere Luce a scendere, quando non ne aveva voglia, giù nel placido giardino della Day Class, così poco visitato dai vampiri, per piacere e sollievo della madre adottiva, che il bimbo poteva permettersi di correre e nascondersi, se voleva, che nessuno sarebbe passato di lì, nessuno avrebbe rotto o infranto la tranquilla mattinata invernale.
Avevano ormai da parecchi mesi portato quel pargoletto alla Cross, sotto consenso dei Preside, e Luce non provava particolare interesse nei suoi confronti, seppur aveva preso l’abitudine materna nel crucciarsi, se la notte lo sentiva piangere.
Non avendo la stessa camera lei e Lamia se lo dividevano, come se dovesse già subire il divorzio delle sue nuove mamme, eppure, la cacciatrice dagli occhi rossi, non aveva mai pensato di chiedere all’altra di venire in stanza da lei, di colmare il vuoto di quel terzo letto abbandonato da un’altra studentessa, molti anni fa, di cui ormai ricordava appena il viso.
Eppure nessuno l’aveva molto notato e lei aveva badato bene a nasconderlo alla vista di amici che le avrebbero fatto domande a cui non voleva rispondere ed erano domande che il suo stesso riflesso poneva a lei stessa e nei giochi di parole la mente sua oziava.
Cos’era quel bambino salvato? Forse un messia?
Altre domande sciocche, poiché le ombre non rispondono e Luce era talmente folle da chiacchierare con la sua ombra o con la sua immagine impressa nell’universo, poiché parte di un gioco così grande che non intravedeva.
Messia o Distruttore del mondo e degli ideali di quella scuola, ciò dipendeva, forse, da lei e da Lamia, che presto sarebbe giunta per vedere il piccolo, per giocare con lui, forse.
Luce aveva perennemente impresso nella mente la sua infanzia maledetta, il suo cambio d’abito che determinò il cambiamento del mondo, il suo modo di parlare, il suo modo di atteggiarsi, tutto ciò che aveva fatto di lei, per fortuna o sfortuna, ciò che era in quel momento e non solo ombra, carne e lettere che si riferivano alla luminosità, ma molto di più! Luce serbava in cuore un segreto così maledetto che lo dimenticò persino!

«Uomo, se nasci buono perché questo mondo ti distrugge? E cerca di camuffare l’innocenza infantile, rendendola il tumore pestifero, il pargolo del demonio, la natura immonda; quando ogni cosa appartenente alla natura non può essere altro che...giusta.
Com’è giusto che questa neve cada per ringiovanire me e i miei pensieri, perché diffonde gioia, perché ammazza il nostro smog quotidiano perché, perché, perché...e sono solo domande le briciole che mi restano da raccogliere, senza che mai giunga alla fine, senza che mai la mia maschera cali come l’alzarsi del drappo pesante e caldo del sipario teatrale che tutela e protegge un mondo reale creduto folle, da un mondo folle creduto reale.
Ma qui di reale sento solo le sue risate, note leggere che volano come questa neve che, come ho detto, viene più volte paragonata alla purezza, come se bastasse il bianco per estirpare il male e non si pensa a quanto questo fiocco di neve pesi alla terra, gravi ai germogli, ai ciuffi d’erba, agli alberi che privi della loro pelliccia, perché scuoiati dalla natura, devono perire sotto le intemperie!
Oh se son folle lo sa solo chi mi amò! E forse non mi amò nessuno e non lo saprò mai se queste parole impetuose son frutto di una o l’altra sponda, che se si scontrassero, in un bacino, dove tutto ciò che è in me ristagna e galleggia armoniosamente, scontrandosi in mulinelli di forza, creerebbero solo l’inondazione dei miei occhi e distenderebbero le mie labbra in un sorriso. Così mi fa sentire questo bimbo...strappato alle braccia materne che lo sapevano cullare, dato a me, che con le mani ho solo saputo uccidere; ed è stata la migliore delle azioni.»


Così farfugliava pensosa Luce, mentre il piccolo correva e girava fra le piante innevate di neve, tuffandosi a terra, scomparendo dietro un tronco per poi ricomparire con il viso turbato dal freddo esterno e accarezzato dal calore interno della sua gioia.
Ma d’un tratto, finito quella specie di rigurgito interiore, Luce alzò gli occhi e le tracce del piccolo erano svanite; la neve aveva ricoperto già ogni impronta di piede, si vedeva qua e la solo qualche fossa che lui fece buttandosi a terra, per rotolarsi nel morbido e candido elemento...e allora un sussulto al cuore la fece alzare, il timore immenso che un vampiro, sfuggito ai Guardian, fosse arrivato nella Day Class la turbo e le crucciò il viso.
La mano già correva sotto la gonna alla ricerca del pugnale.
Qualcosa si muoveva non poco lontano da lei e i tumulti aumentavano, una paura strana, innaturale, mai provata la spingeva alla rabbia più cieca per chi le avesse sottratto quel bambino, senza chiederle permesso.
Avrebbe tinto quel manto candito della scarlatta fonte vitale d’ogni creatura e del suo corpo ormai svuotato, ne avrebbe fatto brandelli per i pesci del laghetto, tanto forte era la preoccupazione ora che nulla le sembrava più com’era prima e quel posto divenne immediatamente una trappola per lei e per quel bambino.
Qualcuno si stava avvicinando alle sue spalle...qualcuno...
 
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Lamia Saki
view post Posted on 8/3/2013, 22:26




Sul morbido tappeto bianco quattro impronte camminavano parallele, tutte delicate, leggere e piccole, quasi come se avessero paura di occupare troppo spazio in quell'enorme distesa uniforme, come se non volessero turbare quel manto soffice e plasmabile.
Luce! disse sorpresa e commossa al contempo, posando la mano libera dalla tenera stretta del bambino sulla spalla della leonessa con gli artigli sguainati per la perdita del cucciolo.
Va tutto bene, mi era solo venuto incontro... siamo qui. le sorrise intenerita dal comportamento protettivo di Luce, allora anche in una cacciatrice senior vi era del materno.
Il piccolo restava a guardare le due donne dal basso con un volto attonito, poi quasi comprendendo il bisogno di intimità tra le due donne, lasciò la presa con Lamia e corse nuovamente via, restando comunque in uno stretto raggio visivo, buttandosi e rotolandosi ripetutamente al suolo eccezionalmente morbido e gelido.
Affiancò Luce, quasi per accorciare le distanze anche dal suo cuore e poterle parlare sommessamente ma in modo che il suono penetrasse anche dentro e raggiungesse i meandri reconditi della sua pompa vitale.
Luce... voleva dire qualcosa di importante, di serio, voelva cercare di fare luce sui ripetuti dubbi che la turbavano, voleva porre domande e interrogativi, voleva sollevare il problema dell'"affidamento" e del futuro del ragazzino, di cosa significasse per loro, per la scuola. Ma le parole erano troppe così si strozzarono a vicenda e morirono in gola, che divenne all'improvviso un infelice camposanto che non riuscì a modulare che:
E' passato quasi un mese e non abbiamo ancora dato un nome al piccolo... Che madri disattente! cercò di creare una scena comica, ma subito dopo si ricompose.
Avevo pensato di chiamarlo Adam... deglutì faticosamente, quel nome... gli era balzato in mente una notte. Una notte insonne. La prima notte che il bimbo dormì in camera di Lamia, mentre lui dormiva, Lamia cercava autoconforto abbracciandosi le ginocchia, tremava dal freddo e le mura della camera le sembravano stranamente imponenti e allo stesso tempo l'area della stanza decisamente minore rispetto alla norma.
Fu la notte in cui quel nome prese possesso della sua mente e non l'abbandonò più.
Non ne aveva parlato ancora con Luce perchè in realtà avrebbe preferito che fosse l'amica a sceglierlo, così da non coinvolgere troppo Lamia nella faccenda, ma orami c'era dentro a tutti gli effetti e non poteva tirarsi indietro.
Adam... Quel bambino era il primo volto d'infante, il primo volto maschile che non le faceva paura.
In genere, alla sola vista di un fanciullo, Lamia proiettava il volto di quest'ultimo nel futuro e vi vedeva costantemente minacce, mostri e pervertiti, ma seppure si concentrasse o sforzasse ciò non era avvenuto all'inizio e mai neppure dopo con quel bambino.
Per questo aveva deciso di chiamarlo Adam... per Lamia era il primo uomo, il primo uomo degno di vivere, di ricevere attenzioni e amore da lei anzichè disprezzo, il primo uomo degno di vivere e capace di pace o sentimenti positivi.
Dopo i primi giorni in cui si era limitato a mangiare e dormire, adesso il piccolo aveva preso anche ad uscire e giocare come tutti i suoi coetanei ma sebbene fosse passato un mese, non aveva ancora aperto bocca.
Lamia temeva che non ne sarebbe mai più stato capace, cercò di comprendere i primi giorni, la prima settimana, ma ora pensava ad un vero e proprio trauma.
Ehi Luce... pensi che parlerà prima o poi? chiese poi preoccupata, cercando di spiare l'opinione in proposito della co-genitrice.
Lamia credeva fermamente che anche quella separazione netta tra le due cacciatrici non giovasse affatto al piccolo, soprattutto nello stato in cui si trovava, tuttavia non aveva nè il coraggio nè il diritto di intromettersi nella vita di Luce, quello era un imprevisto che neppure due cacciatrici esperte erano capaci di gestire, nessuna delle due aveva ricevuto un addestramento adeguato nè conosceva le mosse adatte. Tutto ciò era aggravato dalla giovane amicizia tra le due, nata un pò per sbaglio e sbocciata precocemente, un'amicizia senza solide radici, ma ricca di graziosi fiori, con petali definiti e colorati, innaffiati di gocce di universo ed esistenzialismo in una notte bianca.
Le Belle di Notte... subito Lamia associò a quella riflessione una pianta che potesse rappresentarle, a quel pensiero, il suo animo acquistò un pò di tranquillità e pacatezza.
 
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LuCe-90
view post Posted on 27/5/2013, 20:11




Il manico del pugnale era già caldo e la mano di Luce non ci avrebbe messo niente a girarsi e tagliare la gola a chi le stava dietro, a chi aveva messo le mani su quel bambino! Era passato un mese ormai e Luce aveva imparato a crogiolarsi nella compagnia di quel piccolo, ammetteva di avere ancora un certo terrore nell’avvicinarsi troppo a lui, ma il solo guardarlo correre liberamente nella neve le dava conforto, scacciando tutti quei pensieri bui che la tenevano quotidianamente in ostaggio.
Non voleva che soffrisse ancora, che nessun vampiro mettesse le mani sulla sua pelle. Ne avrebbe sofferto, di un tipo di sofferenza che ancora non conosceva; proprio le sofferenze sconosciute fanno più male, perché non si ci è abituati, non si ha alcun backgraund su di esse.
«Luce!»
Le dita si mossero così veloci che appena si poté percepire il loro movimento sul pugnale estratto, poi la torsione del busto, i denti serrati per i turbolenti sentimenti e poi...
...
La lama si fermò sfiorando la pelle di candida di quella ragazza circondata dai fiori, quei fiori che ora dormivano sotto i manti di neve e Luce, con il fiato corto, restò immobile a guardarla come se, a livello inconscio l’avesse riconosciuta e, dunque, i muscoli bloccarono l’assalto, ma a livello conscio ancora doveva sostituire il volto orrendo del nemico con quello amico di Lamia.
«Va tutto bene, mi era solo venuto incontro... siamo qui.
Sospirò sciogliendo la tensione nei muscoli, nascondendo il pugnale sotto la gonna, per poi flettere le ginocchia e mettersi all’altezza del piccolo.
«Non scappare più, intesi? Altrimenti mi fai preoccupare.»
Gli rivolse un sorriso, mentre accarezzava le sue guance ancora infantili, lui annuì, poi, quando Luce si risollevò ponendosi davanti Lamia, comprendendo che poteva tornare ai suoi giochi, ma restando visibile agli occhi di Luce, scappò fra la neve.
Solo quando andò via la testa di Luce si abbassò in segno di resa.
«Non so come comportarmi, Lamia.»
Dopo un po’ di silenzio, creato probabilmente dall’imbarazzo di entrambe, la cacciatrice floreale spezzò il silenzio, con una domanda, tentando di rompere l’atmosfera tesa.
«E' passato quasi un mese e non abbiamo ancora dato un nome al piccolo... Che madri disattente!»
«Non siamo...»
“Sua madre” avrebbe voluto aggiungere, ma Lamia incalzò mentre la cacciatrice parlava e così non poté finire la frase che già si ritrovava fra le mani la soluzione a quel dilemma postole.
«Adam? Come Adamo. Il primo uomo. Alcuni lo definiscono anche il primo cacciatore, dato che il nostro lavoro è sovvenzionato dalla Chiesa. Però...Adam. E’ semplice e diretto, al contempo racchiude un grande significato. Non vorrei che questo nome gli peserà per il resto della vita.»
Era strano vederlo andare, correre, giocare, sorridere e mettere il broncio, senza mai sentirlo parlare con la voce acuta e squillante di ogni bambino.
Luce si lasciò andare su di una panchina schiacciando la neve che si era accumulata sopra.
«Parlare...sai, io non credevo di essere una gran chiacchierona finché il guardian Rei non me lo fece notare, disse un qualcosa del tipo: “Ma tu parli tantissimo, Luce! Il problema è che non si capisce quello che dici!”. Quindi, per logica, non parlavo; se la parola serve per mandare dei messaggi a qualcuno, ma questo non li sa decodificare, allora non è come non parlare? Dunque io non ho parlato fino a quattro anni fa.
Credo che quando ne sentirà il bisogno, parlerà.»

Alzò lo sguardo su Lamia e si chiese cosa stavano facendo! Luce, per vari motivi, non avrebbe potuto avere un figlio con qualcuno del sesso opposto, al massimo, per vie non naturali, lei e Asuka avrebbero deciso su questo fatto, ma Asuka era svanita da molto, l’ultima volta l’avevano vista combattere per la difesa della Cross e poi...? E d’un tratto Luce si ritrovava ad accudire un bambino con una cacciatrice che aveva appena conosciuto, ma di cui, ormai, doveva fidarsi. Se non lo avesse fatto, quelle notti in cui lasciava il bambino con lei sarebbero diventate degli incubi insopportabili.
«Cosa dobbiamo fare con lui? Io vorrei che crescesse nella consapevolezza dei vampiri, secondo le regole di questa scuola, capendo che non sono tutte creature ripugnanti, ma...se gli riveliamo questo segreto dovremo comunque addestrarlo, fargli fare il cammino da Cacciatore; ma anche se non sapesse...! Non sarei sicura a lasciarlo libero per le strade, senza un addestramento per proteggersi. Ma...il nostro addestramento.
Lamia, tu sai com’è duro e quanto si deve sacrificare della propria infanzia, solo per poter piantare un coltello nel cuore di un vampiro. E’ una decisione troppo difficile.»
 
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Lamia Saki
view post Posted on 4/7/2013, 13:05




Lo scatto attento e aggressivo dell'altra era la prova tangibile della tensione che l'attanagliava, del costante terrore che qualcuno potesse portar via loro il piccolo, la pressante sensazione di inadeguatezza in quella situazione.
Lamia pertanto non si spaventò affatto di una reazione così esagerata, anzi, quasi se l'aspettava. Considerando poi il fatto che entrambe non avevano la più pallida idea di cosa volesse dire fare i genitori, le circostanze diventavano ancora più insolite e cariche di insufficienza.
Infatti non appena Adam si allontanò, calò il sipario e l'altra cominciò ad esprimere a parole quel disagio comune.
Lamia probabilmente era più angosciata di Luce stessa, ma che senso avrebbe avuto comunicare anche il suo malessere? Si sarebbe creata solo un'atmosfera cupa, in contraddizione con la vitalità del bambino che giocava davanti i loro occhi.
Seguì Luce verso la panchina, ma lei non si sedette, si appoggiò invece allo schienale, in modo da non dover guardare in viso l'altra cacciatrice, si spostò una ciocca di capelli magenta dietro i capelli e le venne inevitabilmente in mente Miku, che le aveva fatto l'analisi psicologica del suo gesto abituale.
Un pò come gettare via la cenere dalla sigaretta... riflettè silenziosamente, nonostante non avesse mai provato a rifugiarsi in quella, o altre, sostanze.
Lasciò cadere il capo all'indietro in modo da scrutare il cielo e solo il cielo, che in realtà quasi si confondeva con il resto. I capelli quindi caddero in giù e probabilmente la ciocca rosa più lunga sfiorò la guancia di Luce, essendo seduta dall'altro lato e di fianco a Lamia.
Consideriamolo l'Adam dell'Accademia... Sai, confido in lui per la realizzazione del proposito di tutta questa baracca. disse un pò rozzamente con tono pensieroso, lasciando trapelare lievemente il suo leggero dissenso verso il sogno che animava molta gente lì dentro di convivenza, che credeva sarebbe stato messo in pratica egregiamente proprio da Adam. Non sapeva perchè riponeva in lui tante speranza e tanta fiducia, ma era incontrollabile e al cuore aveva smesso di comandare da quando aveva conosciuto Miku, così si lasciò travolgere da queste percezioni, senza vedere dove l'avrebbero portata e se.
In fondo qualsiasi nome, in un modo o nell'altro, pesa per il resto della vita su ognuno di noi... aggiunse poi, per chiarimento e rispondere più direttamente alla considerazione che Luce aveva precedentemente fatto.
Anche il nome caratterizzava ognuno, e per ognuno, anche per gli omonimi, aveva un significato diverso e ne contaminava le scelte e la vita futura, per Adam non sarebbe stato diverso.
In fondo, l'interpretazione varia a secondo di chi la compie, per cui Adam stesso, da grande avrebbe potuto darne una più consona a se stesso.
Ascoltò distrattamente il racconto di Luce e Lamia non appena ebbe finito o qualche secondo prima, quando ancora la sua bocca era in movimento disse fra sè e sè:
In realtà sta parlando più di quanto ci si immagini... abbandonò il cielo e si concentrò invece su Adam che in quello stesso istante, empaticamente smise di correre, si girò verso Lamia e dopo un fugace sguardo riprese a fare il largo giro della panchina, alternando l'attenzione su di lui di Luce e Lamia.
Si scontrò con gli occhi rossi dell'altra che la stavano improvvisamente fissato, sapeva cosa volevano dire, cosa ci facevano lì, con un bambino sotto la loro custodia?
Sbattè le palpebre lentamente come se umidificando gli occhi anche il suo cervello si refrigerasse e tornasse a pensare lucidamente.
Non lo so Luce! disse d'un tratto alzando involontariamente la voce e sbattendo lo stivale al suolo provocando un'impronta gigantesca e facendo un rumore, che seppur attutito rimbombò nel giardino.
Tornò appoggiata allo schienale della panchina.
Lui ha il diritto di sapere perchè si ritrova qui e da cosa è dovuto fuggire, da cosa lo abbiamo salvato e cosa ha invece ucciso sua zia; questo è innegabile. fece una piccola pausa per prendere fiato e ossigenare i neuroni.
Anche perchè non ho intenzione di nascondergli a vita la nostra identità e il nostro, per quanto sporco sia, lavoro. concluse espirando rumorosamente, tentando di cacciare via tutta quella pioggia acida di pensieri che aveva bagnato e contaminato la sua testa.
Poi si alzò e si voltò verso Luce, anche se continuava ad esserle alle spalle.
Per quanto difficile, Luce, solo noi possiamo indicargli la strada ora... disse con un tono misto tra l'amareggiata e il disapprovo che lei stessa covava verso quella decisione, sebbene non ne scorgesse altre all'orizzonte sfumato di quel cielo innevato.
 
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3 replies since 13/1/2013, 00:51   123 views
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