| Il vecchio non sembrò gradire il modo di porsi di Luce, nonostante avesse tentato di rispondere nella maniera più idonea, forse avrebbe dovuto semplicemente divagare prima di arrivare al vero motivo della sua presenza? Non era da lei, decisamente. Il sole ormai lontano aveva lasciato tutto in mano alla luna e alle stelle e fioche luci provenivano anche dal villaggio in basso, che a guardarlo da quell’altezza, avvolto da quello strano alone dorato e rosso, sembrava proprio un grande fuoco acceso. Il vecchio non si rivolse a Luce, bensì a Rudy, il quale rivelò di volere un coltello forgiato dalle sue mani; certo, se ciò che si diceva su quell’uomo era vero, allora anche un coltello poteva essere il migliore, ma fare tutta quella strada per un oggetto così piccolo, parve alla cacciatrice un vero spreco! Oppure l’aveva detto giusto per non far vedere che era andato lì per sfizio più che per uno scopo preciso; chissà. Quando rimprovera Rudy, per poco non salta anche lei sull’attenti, aveva una capacità carismatica non da poco quel vecchiaccio barbuto e scorbutico. Dopo un momento di riflessione rispose così: «Domattina vi assegnerò un compito e voi dovrete portarlo a termine, altrimenti le vostre richieste faranno la fine della legna che uso per la stufa.»; e senza neanche salutare si voltò verso la sua capanna e sbatté la porta in faccia ai cacciatori. Luce allargò le braccia e fece un profondo respiro, Rudy fece qualcosa di analogo, entrambi dovevano scaricare la tensione che avevano accumulato fino ad allora e solo dopo essersi girati a guardare i due compagni tramortiti, si misero a ridere insieme. «E’ stato mitico! Ma hai visto che tipo? A quell’età poi...riuscire ad abbattere Koichi e Lou ed avere quel carisma.» La cacciatrice si stese sull’erbetta che iniziava a umidificarsi con la notte e, incrociando le braccia dietro la testa, si perse a fantasticare; sentì che gli altri compagni si riprendevano poco a poco chiedendo cos’era accaduto e sentì qualche verso di sconforto, poi di negazione: non potevano credere che solo Rudy e Luce l’avessero visto, poi risate, pacche sulle spalle e piccoli lamenti post trauma e poi...poi dagli zaini cacciarono le provviste che avevano portato e fu lì che chiamarono Luce, invitandola a mangiare. «Non ho fame grazie.» «Oh, avanti! Domani ci darà una missione hai sentito? Come pretendi di affrontare un eventuale pericolo a stomaco vuoto?» Si girò sul fianco guardando i tre cacciatori e, doveva ammetterlo, si era affezionata a quei tre scapestrati...nonostante non fossero d’accordo con gli ideali che aveva abbracciato, nonostante non stessero combattendo per un fine altissimo, la invitavano a mangiare accanto a loro e da come la stavano guardando in quel momento poteva dedurre solo due cose: o uno dei tre sperava di poter instaurare un rapporto più intimo con lei, oppure era semplice, ma bellissimo, affetto. Allora le venne in mente la prima missione con i Secret Warriors, di come ogni cacciatore fosse freddo, distaccato, pronto ad andarsene ma restava per chissà quale motivo; che gruppo strano che era quello...pur avendo scelto i migliori non aveva avuto i migliori risultati, in termine di gruppo... «Forse» Pensò «Dovevo alternare con qualche cacciatore nella media» Ma poi corresse il suo pensiero: era lei che non era riuscita a coinvolgerli, perché era diventata debole, come in quel momento... debole davanti i sorrisi dei tre hunter, pronta a dirgli che si sarebbe unita a loro, mentre qualche anno fa non l’avrebbe fatto. Era la sua vita, la sua vita era sbagliata e per questo ogni cosa andava storta: aveva avuto il miglior maestro possibile, eppure non era diventata così brava (seppur per molti lo era), aveva avuto il miglior primo amore, e senza un motivo plausibile era svanito; aveva avuto una vera storia d’amore con una fra le più eccezionali vampire della scuola ed era fallita, anche se qualcuno le aveva rivelato che Asuka aveva difeso la Cross, mentre lei era a combattere il Ciclope; aveva avuto la migliore amica che poteva trovare e negli anni la vedeva sempre meno....fino a giungere ai Secret Warriors, una bella idea, tanti bei elementi, ma poca squadra. Luce sorrise agli hunter e la notte volò. Si sentì bene. Semplice.
Alle prime luci del mattino Koichi e Rudy erano già svegli; cosa assai strana per Luce, la quale credeva di essersi svegliata per prima, così da poter dare dimostrazione della sua grande attività da cacciatrice, ma, dopo aver tirato i muscoli delle braccia e della schiena, vide, con la coda dell’occhio, i due cacciatori che si legavano le ultime fibbie di quella che doveva essere la divisa da caccia. Sotto quegli indumenti sembravano decisamente diversi, gli stessi sguardi erano più profondi, concentrati, assorti (seppur in maniera diversa già nella missione, poiché Rudy sembrava più scosso) e così si chiese se lei mai avesse avuto quel portamento, quell’alone di maestosità e presenza e si sentì piccola. «Luce, buongiorno!» La calzamaglia di entrambi era nera e semplice, nei punti vitali oppure sugli avambracci, stinchi e spalle, avevano apposto delle protezioni ingabbiate con delle fibbie elastiche a strappo; ai piedi postavano degli stivali e le mani erano protette da alcuni guanti a mezzo dito apparentemente semplici: di pelle, ma probabilmente erano imbottiti con qualcosa. Ciò che variava da Koichi a Rudy erano i colori delle protezioni: il primo le aveva grigio metallizzato ed il secondo rosso scuro. «Non pensavo foste così mattinieri.» «Ho cercato di dare un po’ di disciplina a questo gruppo.» Si vantò Koichi abbassando il capo e reggendosi la fronte con le dita della mano, come se stesse in posa per uno scultore che avrebbe dovuto imprigionare nel marmo la sua grandezza ed il suo mistero; ma appena la cacciatrice guardò di sbieco Lou, ancora steso a terra, con la bocca aperta, tramortito dalla stanchezza, Koichi arrossì e nascose il viso chiamando in aiuto il più “normale” della compagnia: Rudy. Quest’ultimo si fiondò sul terzo cacciatore scuotendolo dal colletto, poi gli diede un paio di schiaffi e solo quando gettò dell’acqua fredda sul suo viso, questo si riprese di colpo sciogliendo la presa del compagno con una rotazione delle braccia aiutate dalle spalle, per poi saltare in una capriola all’indietro. Una manovra fantastica, considerata la sua condizione psico-fisica attuale, se non fosse che sull’atterraggio, in un primo momento solido, perse l’equilibrio sull’unico piede che lo sosteneva eretto e cadde a terra. Luce non sapeva se applaudire o infierire su Koichi, ma la seconda opzione le trovò più gradevole. «Certo, sei un grande maestro.» Dettò ciò balzò in piedi mantenendo le braccia aperte all’altezza delle spalle, diede dei colpi alla gonna della divisa scolastica, per pulirla dall’eventuale terra o erba, e si avviò verso la sua borsa, dove aveva le vecchie armi eccetto la Pure Dark. «Quindi...lavorate insieme, solitamente?» «Già. Nel corso dell’addestramento abbiamo constatato di essere forti e di avere una certa sincronia fra noi...anche se non può sembrare.» «E’ strano trovare cacciatori non individualisti.» «In verità Koichi lo era.» Il verso di stizza del nominato ed il suo incrociare le braccia al petto, dando le spalle ai due, fece sorridere i ragazzi e Rudy appoggiò le parole di Lou. «Sì. Lui era il vendicatore solitario.» Esclamò ridacchiando e quando Lou iniziò ad accennare a come Koichi facesse la parte dell’oscuro cacciatore maledetto, il loro “maestro” sgridò il compagno dicendogli di prepararsi invece di perder tempo a rivangare storie inutili e banali; ma a Luce venne in mente l’accademia nella Vampire Hunter...anni lontani, anni in cui non conosceva nessuno perché molti facevano così: proprio come lei, si allenavano meccanicamente, con gli occhi serrati nell’accogliere l’altro ma decisi nei movimenti: macchine di distruzione, ecco ciò che erano e lei era una piccola vite di quell’enorme ingranaggio. Si sistemò i calzini, legò la pistola e il pugnale alle gambe, sotto la gonna, sapeva di non poter utilizzare lo spadone in ambiti troppo stretti ed un leggero pensiero volò alla Pure Dark, una spada che le aveva dato molte soddisfazioni in passato, ma sentiva che in lei c’era qualcosa, qualcosa che non poteva risvegliare e ciò la frustrava.
Si misero in marcia quando Lou finì di vestirsi, anche lui aveva lo stesso completo degli altri, ciò che variava, oltre al colore verde militare delle parti metalliche, erano i grandi occhialoni da moto che portava in testa ed uno strano tubicino che scivolava sotto i suoi polsi. Rudy aveva una borsetta legata in cinta, un pugnale ed una sorta di gladio attaccati a questa, ben chiusi nella fodera nera. Koichi invece mostrava delle pistole antivampiro, anch’esse rigorosamente nere, appese ai loro foderi, sulle bretelle nere che passavano sul petto per poi incrociarsi sulla schiena. Proseguirono a nord, verso il vulcano. L’aria che respiravano e la terra vulcanica che pestavano, metteva a dura prova il loro fiato e la loro resistenza al calore. In testa alla compagnia camminava Koichi, fermo, deciso, passi cadenzati da militare, ancora era indispettito da ciò che Lou rievocò nella sua mente e ciò lo si deduceva dal suo andare veloce per distaccarsi leggermente dal gruppo. Lo seguivano Rudy e quasi contemporaneamente Luce, con passo più morbido ma comunque sicuro nello scegliere il terreno e poi stava Lou ansimante per il caldo, aveva indossato i suoi occhiali che si erano immediatamente scuriti al sole e se il sole dell’alba era così caloroso, il ritorno sarebbe stato molto peggio. «Chissà a cosa gli servono queste pietre.» Esordì Luce spezzando il suono cadenzato dei passi e Rudy le rispose. «Forse per fabbricare qualcosa, chissà...» «Comunque non mi pare una missione difficile, se non fosse per il caldo...! Dobbiamo farci delle tute anche per queste temperature.» «Sciocchezze!» Tuonò Koichi girandosi di scatto. Il braccio steso e il dito puntato alla fronte di Lou. Anche se era qualcosa di banale per un normale umano, Luce calcolò che era stato precisissimo nell’indovinare il centro della fronte dell’altro...doveva essere un abile pistolero. «Tempesta o deserto, al chiuso o all’aperto...» «...sempre indosserò fiero...» Continuò Rudy e concluse Lou. «...la tuta del trio nero!» Anche se il tono di quest’ultimi era più quello di un bambino delle medie che ripete una poesia con malavoglia. «Trio nero?» Chiese Luce più per sottolineare il nome che per confermare ciò che aveva udito. «Ci stiamo lavorando sopra, niente di definito.» Koichi li squadrò e poi, ignorando quella discussione si rimise in marcia. «No, è un bel nome...solo che sembrate così diversi con queste tute.» Continuò Luce, parlando con colui che gli stava più vicino: Rudy. «Quando lavoriamo siamo seri e professionali, la Vampire Hunter non permetterebbe mai errori o sbandamenti di testa. Anche se all’inizio io e Lou avevamo difficoltà e poi... Koichi...» La voce quasi gli si ruppe dall’emozione e Luce decise di spostare l’attenzione sul membro più magro e meno forzuto: Lou. «Cosa è successo dopo?» «Tante cose.» «Ovvero?» «Siamo diventati un gruppo.» Irruppe Rudy che si era ripreso dal magone che l’aveva costretto a sospendere la discussione. Koichi, avanti a tutti, sicuramente aveva udito quelle parole, ma per il suo essere schivo non disse nulla, semplicemente diminuì la falcata del passo per ridurre la distanza fra se ed il resto della compagnia, un piccolo gesto che valeva più di mille parole. Luce li guardò piena di meraviglia. Era ciò che aveva sempre desiderato, esse in un gruppo, essere apprezzata, stimata, ammirata, essere parte di qualcosa...dal momento che non era parte di nulla, a stento riconosceva se stessa sotto quelle vesti quasi vampiresche che le diedero l’appellativo de: la cacciatrice dagli occhi rossi. E ancora tornò a pensare ai suoi Secret Warriors, un nome più bello, ma un gruppo che non era gruppo...forse troppo grande? Forse troppo ignaro degli altri membri? Infondo i tre si erano conosciuti nelle dure selezioni della Vampire Hunter e lì avevano sopportato chissà che cosa per essere lì, in quel momento, sulle pendici di un vulcano, collaborando e muovendosi come una vera squadra... Luce li invidiava, non poco, ma allo stesso tempo li ammirava e quasi si dispiacque di essere uscita da quell’organizzazione, forse, forse lì sarebbe stata accettata infine, senza mutare il suo modo di pensare e agire, chi poteva dirlo che quella era la vera se stessa?
Passo dopo passo avanzarono, finché gli occhi scarlatti di Luce non intravidero la pietra che stavano cercando dalla mattina: un masso a forma di testa di ariete. Ovviamente non era ben definibile, era un masso che vi assomigliava se si aguzzava la fantasia umana, come quelle bestie leggendarie che dimorano i cieli, frutto di collegamenti di stelle e ideazione, attorno ad esse, di simboli ancestrali tratti da disegni stilizzati al massimo; lì erano davanti una pietra che pareva avere il muso allungato e sui lati la pietra si allungava e formava alcuni cerchi che davano l’idea delle corna. «Siamo vicini!» «Ottimo!» Esclamò Rudy contento di proseguire nella missione, mentre Lou scettico e sulla difensiva frenò l’entusiasmo. «Credo che il vecchio diavolo non ci abbia dato una missione così semplice. Le doline sono molto pericolose già naturalmente, sono come delle fratture nel terreno, delle grotte altamente instabili.» «E chissà quali insidie nasconde! Lo vedo un luogo perfetto per...» Koichi alzò il pugno arrestando contemporaneamente il passo e tutti e tre si resero conto del perché dopo poco. Privo ormai di sangue stava il cadavere di una donna, più una ragazza che donna, con il collo aperto da un profondo solco, i vestiti strappati, la pelle ormai di porcellana, tumefatta da macchie che, come fiori viola, sbocciavano qua e la sul corpo ancora bello da ammirare, nonostante le torture a cui era stata sottoposta. La schiena seguiva la curva aguzza della roccia che la sosteneva e le gambe erano ancora divaricate, come le braccia, mentre gli occhi d’un intenso nero erano volti al cielo e la bocca appena socchiusa, nell’articolazione di chissà quali parole di misericordia. Lou si alzò gli occhialoni sulla testa, Rudy dapprima abbassò gli occhi, poi volse il capo e infine torse il busto, come a volersene andare da lì, Koichi restava impassibile a guardarla. Luce si avvicinò al corpo della donna e slegò la forza dei muscoli sulle ginocchia toccando con essa il manto duro e brullo del terreno vulcanico; la guardò a lungo prima di alzare lo sguardo verso il cielo azzurro dove trionfava il sole estivo, pregandolo di incupirsi almeno un po’, per non far marcire subito quella bellezza dalle labbra carnose e rosse, dai lunghi capelli che scendevano a cascata per poi adagiarsi al suolo, o che un filo di vento le accarezzasse il viso per dar tregua a quelle piccole mosche che già iniziavano a ronzarle attorno suonandole un requiem con il loro ronzare. La cacciatrice alzò la mano destra tremante, le dita a stento riuscivano a stendersi, poiché volevano serrarsi in un pugno di guerra che in quel momento era inadeguato, e tremante ma sicura, come un bambino che si è appena sbucciato il ginocchio e chiede conforto alla madre tendendogli le mani, poggiò le dita, appena coperte dal sudore, sulla fronte di lei, scendendo sulle gote, sul mento e sfiorando il sangue che le aveva bagnato le spalline del vestito. Chissà perché vide in quella figura di martire qualcosa che l’apparteneva e gli occhi si arrossarono, oltre l’iride, di rosso per un pianto imminente, arginato dal suo orgoglio. Koichi si avvicinò e chiuse le palpebre di lei, poi tentò di scostare Luce dal cadavere e lei gli si avventò contro urlando di non toccarla; alzò le braccia per opporsi, per cercare qualcuno su cui sfogare la sua rabbia e Koichi la seppe contrastare fermandole i polsi, stringendoglieli forte, fino a farle quasi male, finché il tremore dei muscoli la tradirono e lui fu sicuro di poterla lasciare andare nelle mani più confortevoli di Rudy che l’accolse in un abbraccio. Lou allora avanzò sfilando da una tasca un fazzoletto che legò dal mento alla cima della testa della ragazza, per chiuderle la bocca; Koichi le chiuse le gambe e con l’aiuto del suo compagno, la spostarono da lì, adagiandola sul terreno. «Torneremo a seppellirla quando avremo le pietre.» Luce tentò di sfuggire da Rudy per avventarsi sul cacciatore che sembrava non avere a cuore la morte della ragazza, ma colui che l’aveva tenuta fino ad allora seppe agguantarla per un fianco e ciò che uscirono furono solo parole dipserate. «Dopo? Come puoi dire una cosa del genere! Ecco come sono fatti gli Hunter! Impassibili dinanzi a ciò, fedeli alle proprie missioni e incapaci di commuoversi davanti una tale tragedia.» Koichi parve non darle ascolto e iniziò a camminare, allorché con una gomitata ben assestata, Luce sfuggì a Rudy, ma prima di riuscire a scagliare un pugno sul suo obbiettivo Lou tentò di falciarle le gambe per fermarla; Luce saltò abilmente l’ostacolo e Koichi iniziò a correre veloce, Rudy da dietro controllava la situazione, mentre Lou rimaneva sempre a pochi passi da lei, sembrava come se volessero tenerla in un triangolo e così involontariamente anche Luce si allontanò dal luogo del delitto, fino a quando, dopo aver attraversato un gruppo di alberi, notò che Koichi era come svanito nel nulla, solo allora si fermò ansimante e con il corpo imperlato dal sudore. Lou, dietro, piegò il busto in avanti mantenendosi con le mani sulle ginocchia, mentre Rudy fermò pian piano la corsa affannato. «Dov’è finito?» «Luce, noi cacciatori siamo così. Tu eri una di noi, eri una delle migliori, o almeno la più strana. Hai fatto cose ben più peggiori di questa e scusaci, ma siamo un gruppo e agiamo insieme.» Rudy le era alle spalle e si avvicinava a lei, parlando, con calma. Sul finire di quelle parole la cacciatrice si voltò con un dubbio sulle labbra, ma Rudy la anticipò spingendola in avanti, facendola incrociare con la gamba di Lou tesa per farle perdere l’equilibro e farla cadere in una strettoia, buco, caverna, una falda del terreno sconnessa con un leggero. «Scusami.» La cacciatrice cacciò subito il pugnale per arpionarlo al muro, ma prima che potesse farlo delle braccia nere dal basso la accolsero, attenuando la caduta. Era Koichi. «Ti prometto che avrà degna sepoltura, ma è morta, non ha più fretta, non è più schiava del tempo. Noi sì.» Appena le punta dei piedi della cacciatrice toccarono terra e né il suo viso né la sua bocca mostrarono dissensi nei confronti dell’hunter che aveva di fronte, si prese il gusto tutto suo di stringere le dita della mano destra, le stesse con cui aveva accarezzato il viso della giovane, per dare un sonoro pugno in faccia a Koichi, così forte da farlo barcollare e quasi cadere, se non avesse avuto il sostegno della parete. «Tutto bene laggiù?» Il malmenato, massaggiandosi la guancia guardò gli occhi della cacciatrice, essi brillavano nelle tenebre come quelli di un vampiro e allo stesso modo erano ammalianti. «Tutto bene. Possiamo cominciare la ricerca.» Disse dopo aver sputato del sangue a terra. Gli ultimi due scesero agilmente nella rientranza del terreno e mostrarono di avere alcune piccole torce sulle loro tute che, emanando luce bianca, illuminavano a fasci parti della grotta sotterranea.
«Una pietra rosso sangue...non vorrei dover scavare a lungo.» Iniziò Lou, subito ribattuto da Luce. «Dobbiamo stare in guardia. Il cadavere non era così vecchio, probabilmente è stata uccisa questa notte e di giorno i vampiri amano rifugiarsi come i pipistrelli, nelle grotte.» Koichi, ancora dolorante, seppur non lo dava a vedere, aveva lasciato la testa del gruppo ponendosi di fianco a Luce, mentre Lou stava al centro e Rudy copriva la retroguardia, proprio come in quella tattica utilizzata pochi minuti prima. L’aria era claustrofobica, le pareti strette, anche se, di tanto in tanto, sbucavano da sotto di esse alcune rientranze, ottimi loculi in cui i vampiri E potevano rifugiarsi. Luce aveva posto sulla pistola una torcia e camminava con essa ben tesa a difenderla da ogni attacco e presto il silenzio riempi gli spazi di tempo, mentre i piedi strisciavano sul terreno compiendo piccolissimi passi, poiché dovevano osservare e guardare bene ogni punto per cogliere la presenza di questa pietra dal colore rosso sangue. Non si fece cenno a ciò che era accaduto prima, seppur tutti avrebbero voluto parlare o chiedere qualcosa, anche la stessa Luce aveva voglia di scusarsi e porre alcune domande, ma c’era troppo orgoglio nell’aria per poter dar sfogo a quei desideri interni.
«Eccola!» Luce si avventò sulla pietra: era grande, sconnessa nella sua forma e molto calda, tanto che spinse la cacciatrice a lasciarla cadere a terra. «Attenta a quel che fai! Potrebbe rompersi!» Lou afferrò la pietra, ma il calore lo fece sussultare e istintivamente lanciò la pietra in aria che finì nella mani di Rudy, il quale la fece sobbalzare da un palmo all’altro fino a scagliarla via verso Koichi; quest’ultimo la prese con fare deciso e la strinse fra le dita, mentre il calore iniziava a danneggiare il guanto che copriva la sua mano e la sua espressione mutava lentamente da impavida a chi sta sopportando un dolore troppo grande, così, semplicemente allungo il braccio e la lasciò cadere nel buio che circondava i suoi piedi; ma non fu così fortunato, la pietra cadde in una pozza d’acqua, riconosciuta per il rumore caratteristico che si generò con l’impatto della pietra. Dopo un secondo di silenzio attonito, si generò il caos! «Come hai potuto lasciarla andare!» Incalzò Rudy seguito da Lou. «Ne dobbiamo prendere una, ma non sappiamo quanto siano rare!» Koichi profondamente dispiaciuto si piegò illuminando la pozza ai suoi piedi con il faretto che aveva all’altezza del petto, sul giubbino. «Non può essere così profonda, vi pare?» Vi avvicinò il braccio ma al solo smuovere la parte alta della superficie, dovette ritrarre la mano, constatando che quell’acqua era bollente. «Perfetto. E’ così che lavorano gli Hunter... in modo incapace e avventato.» «Invece la Cross? Se non era per noi eravate già morti stecchiti.» «Avanti! Rivanghi ancora quel pomeriggio? Avete fatto ciò che gli americani fecero nella Guerra Mondiale! Arrivate alla fine, quanto il nemico è già mezzo sconfitto e vi prendete il merito.» Da lì scoppiò una discussione a quattro e le voci alte rimbombarono per tutta la dolina. Si accavallavano verbi, nomi, preposizioni e le congiunzioni spesso univano più frasi, finché la pozza si smosse allo scoppio di alcune bolle d’ossigeno e tutti e quattro la guardarono con circospezione. «Temo che ci sia qualcosa là dentro.» Disse Rudy mentre Luce osservava preoccupata e Lou ribatteva. «Potrebbe essere anche un pesce» «Un grosso pesce.» Aggiunse la cacciatrice chinandosi verso l’acqua in cui tentò di immergervi la mano. All’inizio era bollente, sembrava quasi sull’orlo dell’ebollizione, ma man mano la parte del corpo immersa si abituò e l’acqua le sembrò sì, calda, ma non troppo da ustionarsi; quando riemerse la mano l’aria esterna parve ghiacciata e quel po’ di venticello caldo che s’insinuava nella dolina era gelido. Koichi la precedette nelle parole. «Non dirmi che vuoi immergerti laggiù.» Non ebbe risposta, ma Luce iniziò a togliersi le scarpe e i calzini mostrando i suoi delicati e affusolati piedi che andarono a infilarsi nella placida acqua nera come una siringa che s’insinua nella pelle; strinse gli occhi e tese i muscoli per il dolore, ma non esternò alcun verso, poi immerse l’altra, sempre cautamente, per poi guardare Lou. «I tuoi occhiali.» «Cosa?» Ribatté il magrolino del gruppo. «Dammi i tuoi occhiali.» Precisò la cacciatrice scandendo bene le parole e dopo aver scambiato uno sguardo d’intesa con gli altri del gruppo, seppur a malincuore, glieli porse. «Quei tubi a cosa servono?» Disse Luce osservando quegli strani tubicini che sbucavano da sotto i polsi della tuta di Lou. «Beh vedi..» Le rispose imbarazzato. «...non sono un cecchino provetto, né molto abile con le spade e così...» «E’ un piccolo lanciafiamme.» Esordì rapido Koichi, aumentando l’imbarazzo dell’amico, ma non lo fece per fargli un torto, più che altro, comprendeva che Luce non poteva stare in quell’acqua per molto ed infatti essa lo ringraziò, tenendosi da parte ogni commento ironico. «Non l’hai utilizzato oggi, quindi i tubi dovrebbero essere puliti.» «Certamente.» Rispose Lou e continuò. «Ma non sono molto lunghi se ciò che credo che tu stai pensando sia vero.» Lei non rispose direttamente ma continuò sul piano che aveva in testa. «Immergili nell’acqua, più profondamente che puoi, e voi altri fate luce da sopra con le vostre tre torce, così che possa riconoscere il punto e vedere i tubicini.» «Scusa se m’intrometto ma... a cosa ti servono?» Irruppe Rudy. «Nel caso finissi l’aria, così non dovrò risalire completamente.» «Ma sei cosciente che si riempiranno d’acqua?» Incalzò, poco fiducioso di quel piano, ma Luce rispose pronta e risoluta. «Appena vedete la mia torcia lampeggiare, soffiateci dentro, appena vedrò le bolle uscire capirò che il tubo è libero e respirerò. Ed ora...» «Scusa se ti interrompo.» «Cosa c’è Koichi?» «Ma perché devi andare tu?» Luce lo squadrò da capo a piedi e rispose orgogliosa. «Perché faccio parte della Cross Army! Ed ora...» Fece uscire le proprie gambe dall’acqua che avevano leggermente turbato la pelle rendendola più rossa. «Per favore, giratevi.» I tre capirono al volo e si girarono immediatamente, mentre luce iniziava a sfilarsi la giacca scolastica e sbottonava la camicetta sottostante. Il primo a voltarsi con aria da molestatore fu Lou, ispirato già da una spalla che delicata spuntava fuori dal nero della divisa, una curva delicata come quella d’un tratto di pennello; ma Rudy, afferrandogli la testa con una mano lo fece voltare. In quel frangente anch’egli scorse parte della schiena di Luce e con occhi sgranati guardò il giubbino e la camicia scivolare a terra, ora quel corpo era cintolo solo da un delicato reggiseno bianco. La cacciatrice allora andò per abbassarsi la gonna già non troppo lunga e sullo spuntare delle sue curve accompagnate da un intimo semplice color perla, Koichi diede un colpo in testa a Rudy imponendogli di non guardare, ma quest’ultimo, sfilando un pugnale dalla sua tasca, sfruttò un po’ del riflesso che aveva, di quel corpicino nudo illuminato a fasci di penombra, ora privo d’indumenti, ridacchiando. L’oggetto del loro desiderio si accorse del trucco per un leggero bagliore che le colpì la coda dell’occhio e rapidamente si voltò e con un calcio all’indietro spinse sulla schiena di Rudy facendolo sbattere alla parete di fronte. «Io vado.» Disse indossando gli occhialoni. «Mi raccomando i tubicini!» Vide appena il loro annuire e iniziò il suo lento, lentissimo immergersi nella pozza dal piccolissimo diametro e dalle profondità ignote, finché i capelli non rimasero a galleggiare per un po’ sott’acqua, per far abituare anche il viso, poi riemerse prese un gran respiro e a testa in giù, con in mano la torcia e legata alla gamba il pugnale, iniziò la sua ricerca. Alle spalle sentì appena delle voci otturate dall’acqua che le auguravano buona fortuna, ma non sentì i successivi commenti su di lei. La luce della torcia illuminava pochissimo, ma Luce tentò di stare sempre più attaccata alla roccia immersa, per avere vari punti di riferimento e, fortunatamente, quegli occhialoni reggevano abbastanza bene, solo quando si era immersa era entrato un rivolo d’acqua, per il forte impatto, ma poi l’intrusione si era arrestata e, comunque, constatò, era acqua brulla e calda, molto calda, non poteva stare molto laggiù.
Non passò molto tempo prima di trovare la pietra smarrita, ma nell’istante in cui la sua mano si poggiò su di essa, un’altra più squamosa, munita d’artigli e con vari pezzi di pelle che le galleggiavano attorno si poggiò su quella della cacciatrice, la quale si mise in guardia estraendo il pugnale e dirigendo la torcia sull’intruso. Quest’ultimo venne abbagliato dalla Luce e fuggì via ma con se portò anche la pietra scura, inoltrandosi per le acque. La cacciatrice dagli occhi rossi non sapeva se doveva proseguire o tornare a prendere fiato, ma seguendo la sua caparbietà si lanciò all’inseguimento ed il suo nuotare veloce fece riaprire la perdita nei grandi occhialoni di Lou; non era questo il problema, il problema era star dietro a quella creatura che continuava a svoltare fra le varie rocce con troppa destrezza e lei lo perse di vista quando l’allarme ossigenò le attanagliò il corpo. Si guardò attorno: troppo lontano dal tornare indietro, troppo dispersa per quella specie di lago sotterraneo, l’unica salvezza era puntare in alto, sperando che l’acqua non riempisse tutta la conca ma lasciasse che almeno un esile fiato di vento potesse esistere. Così, con le ultime forze, prima di perdere i sensi per l’assenza di ossigeno e con il petto schiacciato dai polmoni strizzati come delle sacche sottovuoto, diede energia alle gambe e gli occhialoni si colmarono d’acqua calda e dovette chiudere gli occhi e pregò perché non finisse lì, in modo così banale. La fronte sbatté e sbatte alla piccola volta della grotta e ancor prima di guardare ciò che era attorno la bocca di luce si aprì risucchiando tutto ciò che le serviva per vivere e restò così, con il viso a pelo d’acqua, con le labbra che quasi potevano sfiorare il muschio sovrastante, galleggiando, per riacquisire le energie perse. Solo dopo svuotò gli occhialoni e fece giovare anche gli occhi dell’aria esterna che, pur essendo umida e calda, le sembrò fresca...ma il corpo non poteva godere di quella sensazione e non aveva più molto tempo, sentiva il suo corpo cuocersi lentamente. Si fece coraggio e gonfiando il petto d’aria tornò negli abissi, nuotò per un po’ e poi, poi vide che il livello dell’acqua lentamente scemava e la costa si avvicinava! Entusiasta di ciò fece le ultime bracciate ed emerse all’esterno gettando il proprio corpo sulla pietra umida circostante, stremata ma felice di esser fuori da quel calderone. Aveva visto che la corrente aumentava verso un cunicolo ancora più stretto, ma era impossibile percorrerlo...forse era una sorgente o qualcosa del genere... non le importava. Un sasso le cadde accanto, un sasso che riconobbe con felicità: la pietra rossa! Ma, purtroppo per lei, non era stata lanciata verso di lei come dono, bensì come esca, poiché il mostro visto precedentemente, prima attaccato sul soffitto tenebroso della grotta, saltò vicino Luce ammortizzando la caduta sulle ginocchia e ghignò. «Non vedevo un umana entrare qui da parecchio tempo...!» Luce balzò in piedi come un gatto, stringendo nella mano destra il pugnale, riconoscendo subito chi aveva di fronte. «Un vampiro...LivelloB.» «E’ così che ci chiamano, sì.» Era completamente nudo e la pelle era raggrinzita per il continuo contatto con il caldo dell’acqua, sui lati del collo aveva tre aperture, simili a branchie, il naso era molto piccolo e qua e là il corpo ricoperto di squame. «Solitamente, sono io a cercarle. Ho scoperto il piacere umano da poco e devo dire che, unito a quello di noi vampiri, fa raggiungere livelli di eccitazione grandiosi. Le nostre razze, si vede, sono fatte per unirsi.» Già l’ira montava nei pensieri di Luce, ma si trattenne. «Non abbraccio più l’ideale degli Hunter e sono convinta che le due razze possano unirsi e generare qualcosa di più. Ma se tu intendi fare ciò che hai fatto a quella povera ragazza poco distante dalla grotta... non mi trovi d’accordo.» I suoi occhi grandi avevano una cornea strana, sembrava più spessa e lucida, come quella d’un pesce, ma le labbra ed il mento restavano umane, mentre in testa non aveva più capelli che scendessero sulle forti spalle. «Anuhea era il nome di quella fanciulla ed una lunga e cupa storia accompagna la sua morte.» «Ne sei sicuro?» Incalzò Luce stringendo più forte il pugnale e puntandolo verso la sua gola. «Quello a me è apparso come il classico delitto di un vampiro.» «Puoi non credermi, giovane umana, ma io l’ho amata come non ho amato nient’altro a questo mondo!» «Non dire stupidaggini!» Luce non resistette più e incalzò battaglia con uno scatto ferino verso lo strano LivelloB, il quale non seppe schivare bene il colpo, sorpreso dalla grande agilità della cacciatrice, la quale gli procurò un pungo taglio sull’addome. Lui balzò indietro e sollevò l’acqua bollente scagliandogliela addosso: era molto più calda e parti del corpo già provate dal calore normale, ne rimasero ustionate. «La crudeltà umana non ha limiti! La vostra crudeltà!» La cacciatrice gemette dal dolore, ma sfondò quel muro d’acqua per scagliarsi sul nemico e fingendo di volergli assestare un pugno in faccia lo costrinse ad abbassarsi, dato che era spalle al muro, e con la sinistra riuscì a trapassargli l’occhio destro con la lama. Il vampiro urlò dal dolore ed il pugnale rimase intriso di una specie di gelatina viscida. Lui le fece uno sgambetto, ma era troppo lento e prevedibile, Luce lo evito con un lieve salto in alto e ricadette su di lui infilzandolo alla spalla sinistra, avendo ripassato il pugnale nella mano destra. Per il vampiro non ci fu altra via d’uscita che l’acqua e in essa si gettò, macchiandola di rosso, riempiendo la piccola caverna d’un urlo stridulo e lacero. «La vendicherò, giuro che la vendicherò!» Si stava per gettare ma come un fulmine il pensiero della pietra rossa la attirò, era quella la sua missione...la sua missione... «La mia missione.» Il corpo, con i muscoli tesi, era teso verso l’acqua che turbinava veloce verso l’imbocco sotterraneo, ma la testa e gli occhi erano attratti da quella pietra. «Non posso abbandonare la missione... io devo seguirla, devo compierla... devo...» Ma allora cosa c’era di diverso fra lei e quei cacciatori? Niente. Sfiorò la pietra con le dita, ne sentì il calore ed in corpo percepì ancora il dolore provato nel vedere quella bellissima ragazza morta, mentre una voce interna le chiedeva insistentemente. «In cosa sei diversa? Cosa ti differenzia dagli hunter? Hai mai smesso di essere una cacciatrice... cacciatrice dagli occhi rossi!?!?» Sobbalzò indietro e ritrasse la mano dall’oggetto della sua missione, era evidente che non poteva seguire entrambe le missioni, entrambi gli scopi.
«Non arriva.» Koichi parlava e Rudy si accodò. «Cosa possiamo fare? Seguirla?» «No. Credo sia morta e la nostra missione incombe.» Rudy guardò meravigliato Lou che parlava con parole troppo aspre mentre ritirava i tubicini dall’acqua. «Sei troppo duro...» Koichi fermò Rudy irrompendo nelle sue parole. «No, è giusto. Siamo cacciatori, siamo membri della Vampire Hunter, queste cose non ci competono. Non sappiamo se è una pietra rara quindi dobbiamo cercarla al più presto.» «Koichi...» Rudy seguì con lo sguardo il compagno alzarsi da terra e allontanarsi dalla pozza d’acqua. «...Lou...» Seguì anche lo spostarsi dell’altro compagno di squadra, che, con l’aiuto di Koichi, si risistemava i tubicini per il lanciafiamme e le parole di quest’ultimo gli echeggiarono in mente sempre più tonanti. «Siamo cacciatori, siamo membri della Vampire Hunter. Siamo cacciatori, siamo membri della Vampire Hunter. Siamo cacciatori, siamo membri della Vampire Hunter. Siamo cacciatori, siamo membri della Vampire Hunter...» «Ma...» Disse, infine, alzandosi da terra. «Siamo anche una squadra.» I due rimasero inetti ascoltando quelle parole e Rudy incalzò. «Ricordate come ci siamo formati? Ricordate perché ci siamo uniti!? Ricordate qualcosa di voi stessi!?!» Koichi, intento nell’aggiustare il lanciafiamme di Lou si pietrificò. «Ci siamo formati, ci siamo uniti...perché eravamo persone prima che automi! Luce me lo ha ricordato prima, fuori da questa maledetta dolina! E avete visto il suo sguardo quando ha capito che eravamo un gruppo? La sua ammirazione! Non era rivolta alla nostra abilità ma perché ogni individuo di questo trio può dire di non essere solo, di far parte di qualcosa! Non l’avete capito!? Lei si sente sola... sola... e crede, probabilmente, che il mondo non le voglia tendere le mani, ebbene io non voglio dar credito a questa verità perché non sono come gli altri! Voi non siete come gli altri! Io non voglio farla sentire sola. Avremo anche ideali diversi ma siamo uomini e gli uomini per sopravvivere non possono rinchiudersi nei propri luridi loculi vitali! L’uomo ha bisogno della mano dell’altro per sopravvivere, ha bisogno di sapere che al di la dell’oscurità ci sia una mano pronta a farlo riemergere dalle tenebre.» Li osservò, i loro sguardi erano colmi di tristezza e commozione, persino Koichi stava cedendo. «Io voglio tendere una mano alla sofferenza di chi, come noi, ha provato la dura macchina da guerra della Vampire Hunter e se è rimasta in voi un po’ di quell’umanità che conobbi nei giorni duri dell’addestramento, sono certo, la tenderete anche voi.» Detto ciò non volle vedere altro e si girò sedendosi in ginocchio sull’orlo della pozza scura, immergendovi nell’acqua il braccio, con la mano tesa ad afferrare lei: Luce Dany, la cacciatrice dagli occhi rossi; e presto altre due braccia squarciarono le acque e tutti e tre tornarono ad illuminare la superficie con le luci dei loro giubbini, finché ognuno trovò qualcosa da tirare su. Rudy avvolse la mano della cacciatrice, le parve bollente; le altre due mani le strinsero le spalle e l’aiutarono ad emergere dall’acqua, furono così felici di rivederla che non si accorsero nemmeno che la biancheria si era sfilata dal suo corpo a causa dell’acqua troppo calda.
Luce tossiva l’acqua che aveva ingerito, il ventre si comprimeva sempre più forte esausto e le sue gambe esauste non le consentirono di alzarsi, ma fu felice di vedere il volto dei tre cacciatori, rimasti lì ad aspettarla, nonostante il suo lungo ritardo che aveva portato nelle ore del meriggio d’oro. Non le chiesero subito informazioni, ma con gentilezza l’aiutarono a rivestirsi e nonostante avessero tutto sotto gli occhi, non fecero alcuna battuta né tentarono di allungare le mani sul corpo bollente di Luce, privatissimo per quello sforzo. «Non ce l’ho fatta.» Furono le prime e uniche parole, poi si addormentò ed i tre rimasero di guardia prolungando ancora la loro missione. Chiacchierarono poco, anche per non disturbare il sonno ristoratore di Luce.
Questo non durò molto, circa un’oretta e con fare ancora confusionale aprì a più riprese le palpebre riacquisendo, con fatica il ricordo di tutti gli eventi, fu Rudy, come sempre, a parlare per prima. «Ti sei ripresa in fretta. Allora è vero quel che si dice di te, che sei... immortale.» Lei sorrise stanca ma felice nell’udire quelle parole e quasi autonomamente rispose. «Io vivrò finché non avrò compiuto la mia vendetta...» «Ma davvero?» Aggiunse Rudy scherzoso, poi, insieme a Koichi la aiutò a sollevarsi e per i primi secondo il terreno le sembrò lontanissimo. «Cosa ti è accaduto, mentre eri laggiù, in quegli abissi profondi?» Azzardò a domandare Koichi e Luce guardando un punto non definito in alto, nel buio, iniziò a ricordare e la prima parola che le cadde sulle labbra ancora un po’ umide e arrossate fu: «Anuhea...» «Chi?» La voce squillante di Lou quasi trafisse l’udito di Luce, ancora provato dall’acqua e dopo avergli fatto cenno di parlare con un tono più basso delucidò subito ogni dubbio. «La ragazza che abbiamo trovato là fuori si chiama Anuhea...è una ragazza del posto. Un vampiro molto timido di questa zona, chiamato Uomo-pesce dai locali, l’aveva osservata sin da quando, alla tenera età di dodici anni, venne sul pendio giocando con la mamma e da allora lui iniziò a scrutarla di nascosto covando un irrefrenabile desiderio di morderla, poiché il suo giovane e puro sangue profumava come i migliori fiori delle Hawaii, mischiati alla brezza marina; ma non voleva morderla perché sapeva che non si sarebbe saputo fermare e l’avrebbe uccisa, così per lunghi anni si accontentò di vederla giocare per il villaggio e si fece bastare il suo tenue profumo sparso nel vento. Lui l’amava e la desiderava ogni giorno sempre di più, nonostante la differenza enorme di età, cosa che per noi umani sarebbe definita come “pedofilia” e condannata, per un vampiro questo non conta, per un vampiro il tempo non esiste e benché lui avesse sessant’anni e lei appena dodici (al tempo in cui la vide per la prima volta) lui l’amò. Anuhea crebbe ed il suo corpo divenne ogni giorno più bello, ogni giorno più formoso, il suo sorriso splendeva sotto il sole ed i suoi capelli lasciavano nell’aria quel profumo che lui amava e a cui ormai non seppe più resistere. Lei giunse quindi all’età dei ventisette anni quando il vampiro credette di potersi fare avanti, la vedeva bella e gentile, la credeva una persona capace di vedere oltre le apparenze, oltre l’aspetto fisico e credendo ciò sperava che il suo aspetto orripilante che lo faceva rassomigliare più ad un pesce che ad un uomo, passasse in secondo piano e vedesse l’ardente amore che covava per lei. Ma la vita reale non è una favola e lei si spaventò, urlò terrorizzata fuggendo via; ma lui non demorse e continuò a provare un approccio con lei, sperando che capisse le sue buone intenzioni...finché non chiamò aiuto e lui fu quasi ferito a morte da colui che era il suo amico d’infanzia, così si ritirò nella dolina, nella sua grotta, nel suo stagno sotterraneo e non morì, fortunatamente o sfortunatamente la ferita non aveva colto il cuore e rinvigorito da nuove speranze tornò in superficie tormentato dal desiderio di averla; ma la luce del giorno, a volte, è più crudele delle tenebre e fu sotto i raggi solari che la vide baciarsi con colui che l’aveva ferito, un bacio non sciocco, un bacio passionale ed una promessa sussurrata all’orecchio di Anuhea volò allo sviluppato udito del vampiro: “Domani sarà la nostra notte, sarà tutto perfetto. Incontriamoci a cento passi dalla pietra a forma di caprone.”. La bacio per un’ultima volta e andò via, lasciandola sola alla luce lunare, dove il vampiro poté contemplarla ancora per ore, perché lei era troppo emozionata per andarsene, per comandare alle gambe di reggerla e quando andò via lui tornò nella sua tana passando ore a pensare a come la desiderava, a come voleva possederla a come solo lui, lui e nessun’altro doveva amarla perché lui l’amava realmente e solo per quel suo aspetto così tragico, dovuto ad un passato che non fu rivelato, non poteva godere degli stessi piaceri di quel bel giovane che le promise una notte d’amore, la prima notte d’amore. Intrappolato nel vortice incandescente della passione impazzì e pianificò il suo delitto. La luna era assente quella notte e molte nuvole otturavano lo splendore delle stelle, il ragazzo stava dirigendosi al luogo prima dell’orario stabilito, per spargere a terra fiori e accedere candele profumate, ma gli fu teso un agguato terribile. Il vampiro lo dissanguò, ma, nonostante la sete, non volle bere il suo sangue, preferì che la terra si nutrisse di questo, poi lo scuoiò e da folle si vestì con parti della sua pelle, anche quella che ricopriva il cranio venne utilizzata per rendere folta la testa lucida e calva che aveva. Spense le candele e quando Anuhea arrivò vide solo un profilo umano ed i lunghi capelli dell’amato, era troppo scuro per poter riconoscere la pelle squamosa del vampiro o i tratti del viso. Ella avanzò, seppur a tre, quattro metri, un dubbio la colse e chiese l’identità della persona. Il vampiro non rispose, sapeva che la voce sua era molto diversa... ed ella avanzò ancora, finché lui con un balzo da predatore le si avventò. Tentò di ribellarsi e urlò di terrore e sconcerto quando vide che la pelle che copriva la fronte di quell’essere squamoso era solo vecchia pelle riutilizzata. Lui la sbatté sulla roccia su cui la trovammo, così forte da spezzarle la schiena, le divaricò le gambe, e curvatosi su di lei con le stessa flessibilità d’un pesce la possedete in entrambi i modi.» I tre erano sconcertati dalla storia che Luce stava narrando loro, mentre lei aveva gli occhi gonfi di pianto. «Come hai saputo tutto ciò?» Chiese Lou e Luce gli raccontò tutto fino alla cruciale scelta che fece restare i cacciatori con il fiato sospeso, consci di aver avuto anche loro una prova molto simile. «L’ho inseguito.» I tre non emisero alcun suono o respiro, poiché non sapevano se era realmente la cosa giusta da fare. «Non era forte, ma riusciva a manipolare l’acqua ed il suo calore e le correnti d’acqua bollente erano tremende. Mi procurai molte ustioni, molte delle quali potete ben vederle, ma non mollai e lo inseguii fino ad un condotto stretto dove la corrente si faceva più ripida e risucchiava tutto. Lì lo affrontai, lui tentava di imboccare quell’uscita ed io tentavo di tenerlo a distanza. Non fu facile, alcuni graffi che riporto sulle braccia e sul collo ne sono la prova. Lui era nudo e...anch’io lo ero, così provò più volte a riprovare quello stesso piacere che provò con Anuhea, ma fui abile a impedirglielo, anzi, feci in modo che non potesse più far nulla. Stremato dalla battaglia e ferito gravemente lo ricondussi, con il pochissimo fiato rimastomi, lì dove avevo lasciato la pietra, ma il terreno della caverna era bagnato e la pietra scomparsa... intuii che un’onda aveva assalito quella parte ed aveva trascinato l’oggetto. Scagliai il vampiro sul suolo duro, ripresi fiato e di sua spontanea volontà mi raccontò la storia, poi mi implorò di ucciderlo e così feci.» Tutti si presero qualche minuto per pensare a tutta quella storia incredibile, poi Koichi, scherzando disse: «Ora dovremo ricominciare a scavare!»; e dando un pugno al muro dietro di loro fece smuovere alcuni sassi che caddero sulle loro teste generando una serie di piccoli insulti e invettive, finché un ultimo sasso, di un colore rosso acceso e caldo, piombò sulla testa di Luce per poi rimbalzarle sulle mani. «La pietra rosso sangue!» Dissero tutti e tre all’unisono e, rinvigoriti dall’entusiasmo corsero via dalla dolina, passarono anche accanto al luogo del delitto, ma lì era già giunta la polizia locale e l’ambulanza stava rimuovendo il corpo; forse non era stato un male il lasciarla lì, poiché era giusto che l’amato fosse lì accanto a lei, sulla barella ad accarezzarle la fronte e darle un bacio d’addio. I cacciatori non si fecero notare e sgattaiolarono via verso la dimora del vecchio demonio, stanchi ma felici, con le mani congiunte l’una sull’altra a formare una coppa, reggevano la pietra adagiata su di una fazzoletto, in attesa che, dopo aver bussato alla porta, il vecchio aprisse per congratularsi con loro.
Speranza alquanto vana, data la sua fama da burbero.
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